Perché c’è tanta incomprensione nel mondo?

In questo periodo di grande crisi, dove esprimere la propria opinione diventa rischioso, in certi paesi maggiormente ma per vari aspetti anche nel nostro, credo che la risposta che dà Osho a questa domanda sia un aiuto per ricordarci dove guardare quando tutto sembra instabile. 
Eccovi quindi la sua risposta, secca, chiara e resistente al tempo che passa. 
 
“Perché gli uomini sono inconsapevoli. Perché gli uomini sono profondamente addormentati. Perché gli uomini sono dei robot. La comunicazione è impossibile: tu dici una cosa, e ne viene capita un’altra. Non c’è modo di comunicare. Si può comunicare solo in amore, attraverso il silenzio. Ma nessuno sa come essere in amore, e nessuno sa come essere in silenzio.
Solo nell’amore e nel silenzio la comunicazione è possibile. Ma noi non amiamo e non siamo in silenzio. Siamo talmente colmi di conoscenza… ecco perché la comunicazione è impossibile. Il linguaggio è una delle ragioni per cui c’è tanta incomprensione nel mondo. Tra gli animali, gli alberi, gli uccelli non c’è incomprensione, perché il linguaggio non esiste. Sono fortunati, non sanno nulla del linguaggio, quindi comunicano in amore, in silenzio. E questa ottusità è una benedizione per loro. L’uomo è l’unico animale che sa parlare. E proprio questo fenomeno è un problema”.
da“Il canto della meditazione”, pag. 110, ed. Oscar Mondadori 

Il sole e la nuvola

A casa abbiamo un libro bellissimo, un omaggio a Gianni Rodari per il centenario della sua nascita, avvenuto nel 2020. A Vera piace tantissimo e ogni singola storia è una perla. 

Sarà la stagione, sarà che oggi mi è tornata in mente, ho deciso di condividere, con chi ancora non la conoscesse o con chi non la ricordava, la storia de Il Sole e la Nuvola. I commenti sono inutili, le parole di Rodari dicono già tutto. Buona lettura!

Illustrazione di Marco Paschetta per “Il Sole e la Nuvola”, tratto dal libro Cento Gianni Rodari. Cento Storie e filastrocche. Cento illustratori.

Il sole viaggiava in cielo, allegro e glorioso sul suo carro di fuoco, gettando i suoi raggi in tutte le direzioni, con grande rabbia di una nuvola di umore temporalesco, che borbottava: “Sciupone, mano bucata, butta via, butta via i tuoi raggi, vedrai quanti te ne rimangono”.

Nelle vigne ogni acino d’uva che maturava sui tralci rubava un raggio al minuto, o anche due; e non c’era filo d’erba, o ragno, o fiore, o goccia d’acqua, che non si prendesse la sua parte.

“Lascia, lascia che tutti ti derubino: vedrai come ti ringrazieranno, quando non avrai più niente da farti rubare”.

Il sole continuava allegramente il suo viaggio, regalando raggi a milioni, a miliardi, senza contarli.

Solo al tramonto contò i raggi che gli rimanevano: e, guarda un po’, non gliene mancava nemmeno uno. La nuvola per la sorpresa, si sciolse in grandine.

Il sole si tuffò allora allegramente nel mare.

La fine è l’inizio

Una volta avevo sentito dire una frase che purtroppo non sono più riuscita a ritrovare che diceva più o meno così: all’inizio del viaggio guardavo la montagna e pensavo fosse una montagna; una volta intrapreso il viaggio guardavo la montagna e capivo che non era una montagna. Ora che sono alla fine del viaggio so che la montagna è una montagna. È una frase che mi ha dato una profonda serenità e una grande fiducia nella vita e nei suoi cicli, oltre che nel nostro lavoro di evoluzione qui, su questo piano terrestre. Tentando di cercare quella frase, mi sono imbattuta in questa di Thomas Stearns Eliot, che più o meno racchiude la stessa profonda saggezza: Non smetteremo di esplorare. E alla fine di tutto il nostro andare ritorneremo al punto di partenza per conoscerlo per la prima volta E’ nel ritorno che si coglie veramente l’essenza di questo viaggio fantastico che è la vita. Ri-vedere, ri-scoprire, ri- conoscere e rendersi conto che forse solo ora vediamo per la prima volta. Lo yoga mi ha dato la stessa sensazione. All’inizio mi sono buttata, ho provato, seguito, viaggiato rincorrendolo, ho poi avuto dei momenti di distacco, di delusione e poi ho ripreso, variando, ri-facendo, cambiando il mio modo di praticare e di insegnare. E non è ancora finita e non finirà fino a quando giungerò all’ultimo respiro! Nell’astrologia karmica i nodi lunari, punti essenziali per lo studio e l’analisi di questa disciplina, impiegano circa 18 anni a terminare un ciclo completo lungo tutto lo zodiaco e tornare sullo stesso punto in cui si trovavano alla nostra nascita. Questi cicli sono molto importanti perché danno una spinta ulteriore all’anima per mettersi in ascolto, trovare una sintesi rispetto al ciclo appena concluso per incamminarsi con maggiore consapevolezza in quello nuovo. La ciclicità è la chiave di tutto, che si tratti di grandi o piccole rivoluzioni. E allora oggi onoro la fine di un particolare ciclo, quello cominciato nel settembre 2022 e che terminerà il 20 luglio 2023. Ringrazio tutti voi: ogni singolo allievo che ho avuto il piacere di conoscere, che sia venuto per pochissimo tempo o col quale si sia instaurato un legame più profondo, ha contribuito e contribuisce tutt’ora a questo nuovo sguardo che spero di poter portare e rinnovare sempre in me. Buona estate e arrivederci a settembre!

L’inverno, la Tartaruga, l’acqua

Il ciclo dei cinque elementi nella MTC

Tra pochissimi giorni entriamo definitivamente nell’inverno. L’elemento Metallo, simbolo dell’autunno, ha condensato e interiorizzato l’energia, riportando il “qi” dalla periferia del corpo verso l’interno e facendo scendere i liquidi verso il basso. Così facendo ha generato l’elemento successivo, Acqua, simbolo della nuova stagione. L’energia dell’inverno, della notte, del freddo, della paura sono proprie di Acqua, espressione del massimo yin. 

La tartaruga è l’animale che la cultura cinese mette in relazione con l’inverno, quando nel cielo si può vedere la sua costellazione, e quindi con l’elemento Acqua.

Questo animale è il simbolo dell’energia forte e nascosta, dello yin, perché essa può far rientrare la testa e le zampe e vivere all’interno, ben protetta nel suo carapace, reclusa. In questo modo la tartaruga rinnova la sua energia e diviene il simbolo della longevità e dell’inverno, quando la natura sembra morire, mentre invece si prepara proprio a rigenerarsi.

Dire acqua è dire paura, come quella provata dagli antichi di fronte alle inondazioni, così frequenti in Cina, percorsa da grandi fiumi. Ma la paura ci dà forza e non a caso la tartaruga è anche un potente talismano, simbolo della forza nascosta che sa combattere e vincere. Il suo nome segreto da invocare nei momenti di paura era “guerriero oscuro”.

Questo animale viene visto e vissuto dai cinesi come un cosmo in miniatura: fra la sua scaglia arrotondata superiore, che richiama il cielo e quella piatta inferiore, che richiama la terra, si sviluppa l’uomo. La tartaruga è quindi l’immagine di un universo primitivo da sviluppare, discende da un mondo fonte, originario. 

Il suo ritirarsi nella corazza rappresenta un’attitudine spirituale fondamentale: ritirarsi dal mondo e saper scendere nel profondo del proprio cuore. Per questo i testi sacri suggeriscono all’uomo di imitare questo animale e sapersi ritirare e imparare a distaccarsi dalle cose materiali. Il silenzio può portarci a ritrovare lucidità mentale, fiducia in noi stessi, stima di sé, per ritornare a lottare con un’energia nuova, rinforzando la volontà per sormontare difficoltà e ostacoli e affrontare le paure.

Kurmasana, la posizione della tartaruga

Ecco il vero volto dell’inverno: il momento per una pausa di riflessione, di introspezione, per rigenerarsi e ripartire con più forza e volontà. Non a caso a questa stagione e al suo elemento viene associata una valenza psicologica, lo zhi, che tradotto significa proprio volontà. I meridiani simboli di questa stagione sono Rene e Vescica Urinaria. Quando l’energia dei reni è potente, l’individuo è ben radicato al suolo (il punto 1 di rene si trova sotto la pianta del piede), con la colonna vertebrale ben dritta, presente alla vita. E quando la schiena è forte e dritta, l’uomo vive ben ancorato alla Terra e teso al Cielo e affronta la vita con determinazione e vitalità, realizzando le proprie potenzialità.

Con l’immagine della tartaruga saluto il 2022 e tutti voi che mi leggete, augurandovi durante le feste un periodo di raccoglimento e rigenerazione, per poi entrare a testa alta e coi piedi ben piantati al suolo nel nuovo anno!

Prendi un sorriso

Poeta, filosofo, avvocato, politico, autentica guida spirituale e pioniere della satyagraha (disobbedienza civile), Mohandas Karamchand Gandhi è famoso in tutto il mondo per aver portato l’India all’indipendenza attraverso la pratica della non violenza. Egli infatti asseriva: “Il genere umano può liberarsi della violenza soltanto ricorrendo alla non-violenza. L’odio può essere sconfitto soltanto con l’amore. Rispondendo all’odio con l’odio non si fa altro che accrescere la grandezza e la profondità dell’odio stesso”.

Conosciuto universalmente come Mahatma, che significa grande Anima, egli però rifiutò sempre tale epiteto, in quanto riteneva ridicola la distinzione tra “grandi anime” e “piccole anime”, essendo tutti gli uomini uguali di fronte a Dio.

Prendi un sorriso è una sua poesia che esprime perfettamente il suo credo e la sua grande forza.

Prendi un sorriso,
Regalalo a chi non l’ha mai avuto.
Prendi un raggio di sole,
Fallo volare là dove regna la notte.
Scopri una sorgente,
fai bagnare chi vive nel fango.
Prendi una lacrima,
Posala sul volto di chi non ha pianto.
Prendi il coraggio,
Mettilo nell’animo di chi non sa lottare.
Scopri la vita,
Raccontala a chi non sa capirla.
Prendi la speranza
E vivi nella sua luce.
Prendi la bontà
E donala a chi non sa donare.
Scopri l’amore
e fallo conoscere al mondo.

L’errore, un input inatteso

Questa estate come regalo di compleanno al mio compagno ho deciso di regalargli/ci un incontro con un pittore, visto che con le nostre figlie ci divertiamo tantissimo a disegnare e, proprio grazie a loro, abbiamo riscoperto questo bellissimo mondo.

Per puro caso (sapendo che il caso non esiste, ovviamente), un giorno abbiamo trovato il nostro insegnante, Claudio Jaccarino, pittore, scrittore ma anche un po’ filosofo. L’esperienza è stata molto bella e come sempre accade in questi casi, una volta di più ho avuto la conferma che tutto è unione, tutto deriva da un unicum e se sei onesto con te stesso tutte le strade portano alla stessa meta. 

Ci sono stati due momenti che mi hanno molto colpita. Il primo è stato quando Claudio, parlando degli acquarelli, ha detto che questi lo hanno molto rilassato, cambiandogli proprio il temperamento. Infatti l’acquarello ti dimostra palesemente che tutto cambia e che questo è inevitabile. L’acqua infatti, anche quando tu credi di aver terminato il disegno, continua a mutare la struttura, il colore, il senso stesso del disegno. Se segui quest’onda, se accogli il cambiamento, imparerai a lasciarti andare e ad accogliere ciò che arriva, istante per istante.

Un altro momento che mi ha colpita è stato quando Claudio ha raccontato un aneddoto su Herbie Hancock. Credo che sia una riflessione molto bella quanto semplice e soprattutto, adattabile a ogni situazione e stile di vita e per questo la  riporto qui sotto: 

“Herbie Hancock, pianista e compositore di fama mondiale ed anche buddhista, una volta ha raccontato: «Anche nel jazz non ci sono note giuste e note sbagliate». Fu Miles Davis, che nel 1963 lo chiamò a far parte della sua leggendaria band, a insegnargli «come trasformare il veleno in medicina» durante un concerto del loro quintetto a Stoccolma, nel 1967. «Era una di quelle rare serate di perfezione musicale e di totale sintonia con il pubblico», racconta, spiegando che, «dopo uno straordinario assolo di Miles, in una pausa chiave, inciampai su una corda, stonando clamorosamente». Hancock si rese subito conto dell’errore. «Mi sembrava di aver frantumato una magnifica scultura di cristallo». Ma il vero shock arrivò subito dopo, quando si accorse che Davis aveva risposto al suo errore con un’improvvisazione musicale che lo incorporava nel fraseggio, rendendolo plausibile. «Invece di giudicare la mia stonatura come brutta e sbagliata, Miles la accolse come uno input inatteso, trasformandola in qualcosa di bello e virtuoso». Fu una grande lezione d’arte e di vita. «Come il buddhismo, anche il jazz è collaborazione, dialogo, tolleranza, altruismo e libertà»”. 

Con l’augurio per tutti di noi di accogliere i mutamenti e saper sorridere e trarre lezione dai proprio errori, inizio questo settembre, che per me è sempre il primo vero mese del nuovo anno. 

La paura vista da Yogananda

La paura è un veleno mentale, a meno che non venga usata come antidoto, ovvero come stimolo per agire con calma e cautela. La paura attira a sé gli oggetti della paura, come fa una calamita con i pezzi di ferro.

La paura intensifica e ingigantisce la nostra sofferenza fisica e le agonie mentali, fino a centuplicarle. È distruttiva per il cuore, il sistema nervoso e il cervello. È distruttiva per l’iniziativa mentale, il coraggio, la capacità di giudizio, il buon senso e la forza di volontà. La paura oscura la sicurezza e il potere dell’anima che tutto conquistano.

Dinanzi alla minaccia del male, non soffocare i tuoi poteri mentali creativi con la paura. Sfrutta piuttosto la paura come stimolo per trovare soluzioni pratiche e per evitare il pericolo.

Quando qualcosa ti minaccia, non rimanere inerte: fa’ qualcosa, chiamando a raccolta con calma le forze della tua volontà e del tuo giudizio.

La paura del fallimento o della malattia viene alimentata di continuo dal pensiero delle cose terribili che potrebbero accadere, finché la paura non si radica nel subconscio e infine nel superconscio. I semi della paura germogliano e riempiono la mente con le piante della paura che, a loro volta, portano i velenosi frutti della paura.

Se non sei capace di rimuovere l’ossessione del fallimento o della malattia, distrai la mente concentrando l’attenzione su libri interessanti e avvincenti, o persino su innocue forme di divertimento. Dopo che la mente avrà dimenticato l’ossessione della paura, incoraggiala a scoprire e a estirpare le cause del fallimento e della malattia dal terreno della tua vita quotidiana.

Non temere le malattie o gli incidenti, se ne sei stato vittima. Piuttosto, devi temere la paura, perché essa crea la consapevolezza delle malattie e degli incidenti. Se questa consapevolezza diventerà abbastanza forte, finirai per attirare proprio le cose che più temi. D’altro canto, il coraggio le terrà inevitabilmente lontane, o come minimo ne ridurrà la forza.

Uccidi la paura, rifiutandoti di aver paura. Sappi che sarai sempre al sicuro dietro i baluardi dell’eterna sicurezza di Dio, anche se navigherai nei tumultuosi mari della sofferenza o troverai la morte che bussa alla tua porta. I raggi protettivi di Dio possono dissipare le minacciose nubi delle catastrofi, acquietare le onde delle tribolazioni e mantenerti al sicuro, sia che tu ti trovi in un castello o sul campo di battaglia della vita, sotto il fuoco incrociato dei proiettili delle difficoltà.

Quando arriva la paura, tendi tutto il corpo e poi rilassati, espirando diverse volte. Accendi la corrente elettrica della calma e della rilassatezza. Aziona il tuo motore mentale e alimentalo attivamente con la vibrazione della volontà. Poi, imbriglia la forza di volontà agli ingranaggi del buon giudizio e di una cautela scevra d’ogni paura: fa’ girare di continuo questi meccanismi per produrre idee concrete, in modo da poter sfuggire all’imminente calamità specifica.

Se indulgi mentalmente nella paura, finirai per creare un’abitudine subconscia alla paura stessa. Allora, quando un evento qualsiasi sconvolgerà la tua regolare routine, l’abitudine subconscia alla paura si affermerà e ingigantirà l’oggetto dei tuoi timori, paralizzando la volontà della mente cosciente di combattere la paura.

Poiché sei stato fatto a immagine di Dio, hai tutti i poteri e le potenzialità di Dio. È sbagliato pensare che le tue tribolazioni siano più grandi della tua natura divina. Ricorda: non ha importanza quali siano le tue prove, non sarai mai troppo debole da non riuscire a sconfiggerle. Dio non permetterà mai che tu venga messo alla prova oltre le tue forze.

La paura non dovrebbe produrre l’inerzia, la paralisi o lo scoraggiamento mentale. Al contrario, dovrebbe spronarti alla calma e ad agire con cautela, evitando allo stesso modo l’imprudenza e l’insicurezza.

Sradica la paura dal tuo intimo, concentrandoti intensamente sul coraggio e spostando l’attenzione sull’assoluta pace interiore. Frequenta persone sane e prospere, che non temono la malattia né il fallimento.

20 Giugno, Giornata internazionale dello yoga

Non sono una fan delle “giornate dedicate a” e oggi, giornata dedicata allo yoga, non ho fatto niente di ché per festeggiarla o onorarla.

Come non faccio nulla per la giornata internazionale del rifugiato, che ho scoperto essere proprio il giorno prima di quella dello yoga, il 20 giugno. Non sono contraria di per sé a queste giornate, a queste dediche. Purtroppo però, come la troppa informazione rischia di togliere empatia e compassione, temo che anche queste giornate, essendo troppe e troppo vicine le une alle altre, rischino di passare velocemente nel dimenticatoio, proprio per la frenesia che si ha nel ricordarle, scriverne, fotografarle e poi metterle nel cassetto.
Però ripensandoci, oggi a mio modo ho ringraziato lo yoga.
Stamattina, come quasi sempre, alle 5.50 mi sono svegliata e sono andata a sedermi per il pranayama. Vera, la mia grande, si è svegliata come spesso capita con me e si è messa vicina, sdraiata su una coperta di yoga, in quella che lei chiama la cuccia. Oramai sa che la mamma fa pranayama e medita, quindi se mi parla e non le rispondo perché sono in ritenzione o sto meditando, non si lamenta, sa che quando potrò le risponderò.
Sta in silenzio, un po’ si lascia coccolare dalla mia mano che intanto la carezza, a volte si annoia visibilmente, altre sta con gli occhi aperti e chissà cosa pensa. Magari a volte sta in silenzio e basta, chi lo sa.
Ecco, questa per me è la dedica allo yoga. Un augurio per le generazioni future, per un maggiore ascolto, un maggior silenzio. E la foto per la giornata ha sempre come modella Vera, in adho mukha svanasana quando aveva due anni. Che, diciamocelo, le viene proprio bene 🙂

La parola a Yogananda

Esci dalla confinata dimora delle tue limitazioni. Inspira l’aria fresca dei pensieri vitali. Espira i pensieri velenosi dello sconforto, dell’infelicità o della disperazione. Non suggerire mai alla tua mente le limitazioni umane di malattia, vecchiaia o morte, ma ripeti a te stesso: “Io sono l’Infinito, che si è fatto corpo”.

Fai lunghe passeggiate mentali sul sentiero della sicurezza di sé. Esercitati con gli strumenti del giudizio, dell’introspezione e della creatività. Banchetta in abbondanza con il pensiero creativo, tuo e degli altri.

Soprattutto, coltiva l’abitudine alla meditazione: è l’interruttore interiore che puoi accendere per collegarti all’infinito. Concentra l’attenzione sugli effetti della meditazione mantenendoli a lungo. Così facendo, scoprirai di avere una riserva energetica nel corpo, nella mente e nell’anima. Se terrai sempre bene in mente gli effetti pacifici della meditazione, se sentirai l’immortalità del corpo e percepirai l’oceano della beatitudine divina al di sotto delle onde mutevoli delle esperienze, la tua anima troverà il rinnovamento perpetuo.

Tu sei divino, devi solo averne consapevolezza. Devi guardare dentro di te. Dietro l’onda della tua consapevolezza c’è il mare della presenza di Dio. Rivendica il tuo diritto di nascita divino. Dèstati, e contemplerai la gloria di Dio.

Un esperimento sul saper cogliere la bellezza

Un violinista nella metropolitana, una storia vera. Un uomo si mise a sedere in una stazione della metro a Washington DC ed iniziò a suonare il violino; era un freddo mattino di gennaio. Suonò sei pezzi di Bach per circa 45 minuti. Durante questo tempo, poiché era l’ora di punta, era stato calcolato che migliaia di persone sarebbero passate per la stazione, molte delle quali sulla strada per andare al lavoro. Passarono 3 minuti ed un uomo di mezza età notò che c’era un musicista che suonava. Rallentò il passo e si fermò per alcuni secondi e poi si affrettò per non essere in ritardo sulla tabella di marcia. Alcuni minuti dopo, il violinista ricevette il primo dollaro di mancia: una donna tirò il denaro nella cassettina e senza neanche fermarsi continuò a camminare. Pochi minuti dopo, qualcuno si appoggiò al muro per ascoltarlo, ma l’uomo guardò l’orologio e ricominciò a camminare. Quello che prestò maggior attenzione fu un bambino di 3 anni. Sua madre lo tirava, ma il ragazzino si fermò a guardare il violinista. Finalmente la madre lo tirò con decisione ed il bambino continuò a camminare girando la testa tutto il tempo. Questo comportamento fu ripetuto da diversi altri bambini. Tutti i genitori, senza eccezione, li forzarono a muoversi. Nei 45 minuti in cui il musicista suonò, solo 6 persone si fermarono e rimasero un momento. Circa 20 gli diedero dei soldi, ma continuarono a camminare normalmente. Raccolse 32 dollari. Quando finì di suonare e tornò il silenzio, nessuno se ne accorse. Nessuno applaudì, né ci fu alcun riconoscimento. Nessuno lo sapeva ma il violinista era Joshua Bell, uno dei più grandi musicisti al mondo. Suonò uno dei pezzi più complessi mai scritti, con un violino del valore di 3,5 milioni di dollari. Due giorni prima che suonasse nella metro, Joshua Bell fece il tutto esaurito al teatro di Boston e i posti costavano una media di 100 dollari. Questa è una storia vera. L’esecuzione di Joshua Bell in incognito nella stazione della metro fu organizzata dal quotidiano Washington Post come parte di un esperimento sociale sulla percezione, il gusto e le priorità delle persone. La domanda era: “In un ambiente comune ad un’ora inappropriata: percepiamo la bellezza? Ci fermiamo ad apprezzarla? Riconosciamo il talento in un contesto inaspettato?”. Ecco una domanda su cui riflettere: “Se non abbiamo un momento per fermarci ed ascoltare uno dei migliori musicisti al mondo suonare la miglior musica mai scritta, quante altre cose ci stiamo perdendo?”