Agnisara Dhauti

Uddiyana Bandha conduce naturalmente ad Agnisara Dhauti. Dhauti equivale a “processo di purificazione” e Agnisara “con il fuoco”. Agnisara dhauti significa quindi “purificazione con il fuoco”, dove per fuoco intendiamo quello digestivo.

Questo dhauti infatti è un ottimo massaggio per l’addome, facilita l’assimilazione dei cibi e accelera la digestione intestinale, da cui il meritato nome di “purificazione con il fuoco (digestivo)”.

Esso consiste in una serie di uddiyana ripetute senza respirare: quando il ventre è contratto, lo si lascia ritornare subito alla sua posizione naturale per contrarlo nuovamente subito dopo fino a quando non si senta il bisogno di respirare. Dopo una breve pausa si ripete e così per qualche ciclo. All’inizio è meglio procedere lentamente, per poi aumentare il ritmo fino ad arrivare ad una ripetizione di 50 o 60 uddiyana.

La difficoltà di agnisara dhauti sta nell’effettuare queste detrazioni mantenendo il ventre sempre rilassato.

Come uddiyana bandha, anche questo dhauti dovrebbe essere praticato a stomaco vuoto, preferibilmente al mattino prima di colazione e idealmente dopo aver svuotato le viscere.

Queste due pratiche correggono lo stato funzionale con il massaggio profondo, con la manipolazione delle viscere e l’acceleramento della circolazione nell’addome. Tutto il tubo digerente ne è stimolato, la digestione diventa più facile e la dispepsia scompare. La depressione che viene a crearsi nella cassa toracica interessa, oltre agli organi addominali anche il diaframma, i polmoni e il cuore. Il diaframma ritrova la sua perduta mobilità, i polmoni vengono stimolati e tornano elastici, mentre l’apnea a polmoni voti li tonifica. Il cuore, poggiato accuratamente sul diaframma e trai polmoni, trae beneficio dal massaggio provocato dal reiterato sollevamento del diaframma. Infine, dedicando pochi minuti ogni mattina, stimoliamo la circolazione sanguigna.

Non per caso Swami Shivananda attribuiva a uddiyana bandha e agnisara dhauti la definizione di “benefattori dell’umanità”.

Kapalabhati, la respirazione del cranio lucente

अथ कपालभातिः
भस्त्रावल्लोह-कारस्य रेछ-पूरौ ससम्भ्रमौ |
कपालभातिर्विख्याता कफ-दोष्ह-विशोष्हणी || ३५ ||
atha kapālabhātiḥ
bhastrāvallohakārasya rechapūrau sasambhramau |
kapālabhātirvikhyātā kaphadoṣhaviśoṣhaṇī || 35 ||
Eseguite l’espirazione e l’inspirazione rapidamente come i mantici di un fabbro. Questo si chiama kapalbhati e distrugge tutti i disordini causati dal muco.

Kapalabhati è l’ukapalabhatiltimo dei sei shatkarma descritti nell’Hatha Yoga Pradipika. “Kapala” significa teschio , mentre “Bhati” significa splendere, pulito. Per questo, spesso Kapalabhati viene tradotto come “cranio splendente”.

Questa traduzione rispecchia appieno uno dei maggiori benefici di questa tecnica, che è l’ossigenazione del cervello.
Nella respirazione abituale, l’inspirazione è la fase attiva, che corrisponde al gonfiarsi dei polmoni e a una diminuzione del volume del cervello. L’espirazione è invece la fase passiva, durante la quale le dimensioni del cervello aumentano. Durante Kapalabhati si provoca una respirazione forzata e opposta rispetto a quella abituale, in cui l’espirazione è attiva e quasi brutale, mentre l’inspirazione è passiva. Se si pensa che il cervello è il più gran consumatore di ossigeno del corpo, si comprende immediatamente l’importanza di questa tecnica.

La tecnica consiste nell’espirare profondamente ed esclusivamente dal naso fino a contrarre gli addominali (può aiutare agli inizi pensare ad uno double-acting-bellowsstarnuto o, come dice l’Hatha Yoga Pradipika, al suono del mantice di un fabbro). A questa forte contrazione segue una inspirazione passiva e lenta, che permette ai muscoli addominali di rilassarsi. L’intero processo deve avvenire rapidamente grazie all’attività dei muscoli addominali, mentre i movimenti del busto sono minimi. Si continua così per vari cicli, che variano a seconda dell’esperienza del praticante. Spesso questa tecnica viene eseguita molto velocemente, ma io (e soprattutto chi ne sa più di me) lo sconsiglio. Meglio mantenere un ritmo regolare, non lento ma assolutamente non frenetico, soprattutto quando siamo agli inizi. Più ci abituiamo a mantenere una postura corretta, con il busto perfettamente eretto, più possiamo aumentare la velocità, ma senza mai esagerare.

Kapalabhati elimina una forte quantità di anidride carbonica e al contempo, con l’inspirazione lunga e lenta, porta un flusso fresco di ossigeno a tutto il corpo, stimolando i neuroni e l’ipotalamo. Ma i benefici non si fermano qui: accelera la circolazione sanguigna, tonifica la cintura addominale, mobilizza il diaframma e mantiene l’elasticità polmonare. È un’ottima pratica per rimuovere la stanchezza mentale e può essere praticata facilmente durante la giornata, lontano dai pasti.

Basti, la Pulizia del Colon

अथ बस्तिः
नाभि-दघ्न-जले पायौ नयस्त-नालोत्कटासनः |
आधाराकुनछनं कुर्यात्क्ष्हालनं बस्ति-कर्म तत || २६ ||
atha bastiḥ

nābhidaghnajale pāyau nyastanālotkaṭāsanaḥ |
ādhārākuñchanaṃ kuryātkṣhālanaṃ bastikarma tat || 26 ||
Seduti nell’acqua sino all’altezza dell’ombelico, nella posizione di Utkatâsana, si contrae l’ano per aspirare l’acqua, dopo avere introdotto in esso un tubicino e si effettua così un lavaggio: questo è il Basti-karman

Ecco qui la seconda tecnica di purificazione “ufficiale” segnata nebastill’Hatha Yoga Pradipika, il Basti, ovvero il lavaggio completo del colon.

A cosa serve una pulizia del colon? Le risposte potrebbero essere più di mille: favorisce l’espulsione delle feci ristagnanti, delle tossine interne e della flora intestinale patogena; stimola le pareti del colon, favorendo la peristalsi con l’attivazione di una vera e propria ginnastica del colon; aumenta l’irrorazione sanguigna, favorendo il ricambio di ossigeno a livello cellulare e una migliore eliminazione dei prodotti di rifiuto del metabolismo. Svolge quindi un ottimo ruolo di rieducazione del transito intestinale o rimedio in caso di stipsi, meteorismo, candida, rigenerando la flora batterica.

Inutile dire che se lo Hatha Yoga Pradipika lo include fra le sei tecniche di purificazione, questo è dovuto al fatto che l’azione di basti aumenta le capacità nel pranayama, la respirazione, motivo per il quale un discepolo dovrebbe aver padroneggiato quesenteroclismate tecniche prima di intraprendere il pranyama.

Se si legge l’Hatha Yoga Pradipika viene però un po’ di sconforto perché effettivamente la tecnica appare (è) molto complicata oltre, a mio parere, a richiedere un enorme ed inutile dispendio d’acqua, anche perché ai tempi non si disponeva di certi comfort moderni. Quindi possiamo pure bypassare tout court la tecnica scritta negli antichi testi e ricorrere subito alla risposta moderna: il banalissimo enteroclisma, (la borsa di plastica da 1,5 litri, mi raccomando, non la peretta usa e getta!), reperibile in tutte le farmacie.

Come usarlo? Ci sono varie scuole di pensiero. Io personalmente riempo la borsa di un infuso tiepido di camomilla, (ma si può anche usare malva), la semplice bustina va benissimo. Mi raccomaclistere-enteroclisma-300x222ndo, tiepido!, né non troppo caldo né troppo freddo, pensate che finirà in una zona sensibile ^^

Dopodiché si appende la borsa in una zona rialzata, ad esempio la maniglia della finestra se ne avete una in bagno, e possibilmente vicina alla toilette (potete ben immaginare il motivo!). Qui poi ci si può sbizzarrire: si può partire da sdraiati prima su un fianco e poi sull’altro, poi eventualmente in posizione genupettorale. Se si sa eseguire il Nauli (la rotazione dei muscoli retti addominali di cui parlerò prossimamente) ci si può aiutare anche con questo,  affinché l’acqua introdotta circoli in tutte le anse intestinali e rimuova completamente la materia fecale.

Ma per iniziare si può anche stare seduti sulla toilette e verosimilmente sarà sufficiente per sentire il lavoro dell’acqua : )

Quanto spesso? Io cerco di farlo una volta alla settimana, non di più perché preferisco non abituare il corpo ad un agente esterno per svolgere le sue naturali funzioni, ma agli inizi o all’occorrenza, se si sente che se ne ha bisogno, si può eseguire anche più spesso.

Nētih, il terzo Shatkarma

अथ नेतिः
सूत्रं वितस्ति-सुस्निग्धं नासानाले परवेशयेत |
मुखान्निर्गमयेछ्छैष्हा नेतिः सिद्धैर्निगद्यते || २९ ||
atha netiḥ
sūtraṃ vitastisusnighdhaṃ nāsānāle praveśayet |
mukhānnirghamayechchaiṣhā netiḥ siddhairnighadyate || 29 ||
Inserite un sottile filo della lunghezza di una mano attraverso il naso in modo che fuoriesca dalla bocca. Questa tecnica è chiamata Neti Karma dai saggi.

Chiunque pratichi yoga sa che la respirazione in questa disciplina avviene quasi unicamente dal naso, ad eccezione di qualche particolare tecnica di pranayama. La respirazione nasale infatti presenta dei vantaggi indiscutibili proprio per la complessa conformazione del naso, dotato tra l’altro di un epitelio rivestito da ciglia vibratili che hanno la funzione di respingere all’esterno gli elementi disturbanti, e di una funzione di termoregolazione sull’aria inspirata.

Non c’è quindisutra-neti da stupirsi che nell’ayurveda e nello yoga si porti tanta attenzione alla purificazione delle cavità nasali. Ho già parlato del jala nētih, la versione più facile e meno “spaventosa” per tenere pulite le fosse nasali.
Oggi parlerò della tecnica più potente, chiamata generalmente sutra neti, che inoltre è la prima tecnica di purificazione sulla quale scrivo ad essere inserita fra gli shatkarma, le sei tecniche di purificazione inserite nel famoso testo Hatha Yoga Pradipika.

Il sutra seguente recita:

कपाल-शोधिनी छैव दिव्य-दॄष्ह्टि-परदायिनी |
जत्रूर्ध्व-जात-रोगौघं नेतिराशु निहन्ति छ || ३० ||
kapāla-śodhinī chaiva divya-dṝṣhṭi-pradāyinī |
jatrūrdhva-jāta-roghaughaṃ netirāśu nihanti cha || 30 ||
Pulisce il cranio e dona lungimiranza. Distrugge inoltre tutte le malattie che si manifestano al di sopra della gola.

Ma come si esegue nētih? Prima di tutto bisogna avere un tubicino, (sutra in sanscrito), abbastanza facilmente reperibile in farmacia chiedendo una sonda nasale da 3 mm. Lo si lubrifica con olio di mandorla, di cocco, del ghee o qualsiasi altro buon olio in modo da non dare troppo fastidio alle mucose interne. Si inserisce quindi il sutra in una narice e lo si fa salire. Le prime volte si potrebbe incontrare molta difficoltà a superare certe ostruzioni e a trovare quindi poi la discesa in direzione della bocca. Il mio consiglio è di perseverare ma fino ad un certo punto e semmai continuare il giorno dopo. Ad un certo punto il filo passerà e vedrete che è più facile di quel che si possa credere farlo arrivare alla bocca… in verità è una cosa totalmente naturale. Da qui si infilano indice e pollice congiunti in bocca, si tira fuori il tubicino e si massaggia. Praticamente è lo stesso lavoro del filo interdentale, solo che qui stiamo frizionando tutta la narice. Massaggiate delicatamente per qualche minuto, psutra netioi passate all’altro lato.

La frizione del sutra contro numerose terminazioni nervose disseminate nei passaggi nasali favorisce la vascolarizzazione delle pareti mucose e migliora le funzioni oculari per lo stretto rapporto con il dotto lacrimale. Inutile dire che la tecnica del sutra nētih è ottima per aprire i passaggi nasali bloccati.

Inoltre da studi accurati si è osservato che nell’arco della giornata c’è un’alternanza di flusso di respiro fra una narice e un’altra, ovvero in una narice passa più aria rispetto all’altra. Ciò influenza profondamente i nostri stati d’animo, le prestazioni intellettuali, l’introversione e l’estroversione.
La pratica regolare con jala e sutra nētih e le tecniche di pranayama permettono di fruire di un apporto aereo armonico e costante, ugualmente presente in entrambe le narici.

Io personalmente non uso più il jala nētih ma solo e unicamente il sutra neti, che è sicuramente più potente  e che basta fare una volta ogni tanto (io oramai lo eseguo due volte al mese o anche meno, diciamo alla bisogna).

A chi fosse interessato consiglio di ricercare dei video online che mostrano abbastanza bene come eseguire la tecnica. Ovviamente i miei studenti possono portare da me il loro sutra e provare la prima volta col mio aiuto 🙂

Jala Nētih, l’irrigazione nasale

Eccoci arrivati ad un secondo topic molto importante e ujala netitile: la pulizia delle fosse nasali.

Questa tecnica è in verità conosciuta in Occidente e si usa prevalentemente nei bambini per evitare la somministrazione di farmaci. Certo, i bambini vanno protetti… e noi adulti?!

Per mia personale esperienza, da quando ho iniziato ad usare il jala neti per anni e anni non ho più accusato i raffreddori che prima mi si presentavano frequentemente persino in estate. Poi c’è stato un peggioramento dovuto a questioni ambientali particolarmente ostili e ho dovuto ricorrere al atha nētih, del quale però parlerò settimana prossima e che potrebbe apparire molto più spaventoso all’inizio.

Ma iniziamo dal principio: per pulire le fosse nasali servono acqua tiepida, sale (io uso quello rosa himalayano) e una lota nētih, un recipiente simile a una teiera. Io aggiungo sempre anche una goccia di tea tree oil per avere un maggiore effetto antibatterico, ma non è essenziale, mentre il sale è veramente importante. Mi raccomando: è importante che l’acqua sia tiepida e non troppo fredda o troppo calda, in modo che non disturbi la mucosa interna e passi meglio!

jala neti anatomy

Perché praticare jala nētih? L’ostruzione delle vie nasali impedisce al respiro di fluire liberamente nel nostro corpo, togliendoci la capacità di presiedere alle funzioni vitali dell’organismo e ai processi di percezione sensoriale e psichica. In questo modo un banale disturbo della respirazione finisce per pregiudicare la salute e il benessere generale di tutto il corpo. Una pratica costante dello Jala nētih, attraverso la pulizia delle fosse nasali, permette di prevenire i disturbi da raffreddamento, le sinusiti, allevia le allergie, migliora l’olfatto, rende più libera la respirazione. Inoltre il flusso dell’acqua decongestiona gli occhi e le orecchie, stimolando i relativi nervi cranici e rendendo la mente più chiara.

L’esecuzione è molto facile: si riempie la lota con acqua tiepida e salata (all’incirca un cucchiaino di sale per una lota piena), si introduce quindi il beccuccio in una narice piegando la testa lateralmente. A questo punto l’acqua scorrerà all’interno della narice e fuoriuscirà dall’altra. All’inizio il procedimento potrebbe apparire ostico, in realtà basta respirare con calma e non forzare nulla e tutto avverrà in maniera armoniosa. Dopo aver fatto un lato e prima di eseguire l’operazione dall’altra parte, occorre soffiare fuori delicatamente tutta l’acqua tappando l’altra narice ed espirando con forza. Questa operazione porterà via con sé i residui (muco, batteri, polveri, inquinanti) che in mancanza di questa pulizia rimarrebbero all’interno del nostro organismo. Dopodiché si ripete con l’altra narice.

Alcuni studenti mi chiedono quando eseguire questa pratica: mattina o sera? Io la praticavo principalmente la mattina, ma anche la sera ha il suo perché. Per la periodicità, io personalmente la eseguivo tutti i giorni, ma dipende da come ci si sente e non mi sembra il caso di essere tassativi con questa pratica.

Sembra facile… lo è ancora di più farlo!

Oil Pulling

Nell’articolo di settimana scorsa abbiamo parlato dello Jihwa Dhauti, la pulizia della lingua. In questo articolo continuiamo con la cura del cavo orale parlando dell’oil pulling, il degno proseguimento del Jihwa Dhauti.

Dopo aver effettuatooil pulling quindi la pulizia della lingua col nettalingua la cosa migliore è spazzolare dolcemente i denti con uno spazzolino diverso da quello che usiamo abitualmente, senza usare dentifricio o altro. Basta semplicemente spazzolare in modo da togliere i residui più grandi che si sono formati fra gli interstizi.

Dopo di ché si passa all’oil pulling per espellere i residui più sottili. Questa tecnica prevede l’utilizzo di un cucchiaino di olio a scelta fra quello di sesamo o ancora meglio di cocco (rigorosamente biologici e spremuti a freddo) da mettere in bocca e facendolo passare accuratamente tra i denti, le gengive, sulla lingua e in generale in tutte le zone della cavità orale per alcuni minuti (da 10 ad anche 20 minuti) prima di sputarlo.

Questa pratica rimuove le restanti tossine e i batteri accumulatisi durante la notte, che vengono raccolti dall’olio e quindi espulsi definitivamente dal corpo. Con questa tecnica si prevengono l’alito cattivo e le malattie dovute alla prolificazione di batteri nocivi nel nostro corpo e si aiuta la disintossicazione dai metalli pesanti. Inoltre, grazie alle sostanze presenti negli oli, soprattutto quello di cocco, denti e gengive vengono rafforzati, il rischio di sanguinamento delle gengive diminuisce e in generale i denti risultano più bianchi.

Sicuramente può sembrare una pratica più impegnativa poiché richiede dai 10 ai 20 minuti per essere ben svolta, ma anche qui si può trovare il modo di ottimizzare il tempo e renderla un’abitudine. Un esempio può essere preparare la tavola per la colazione, stendere la biancheria, lavare le stoviglie che magari non avevamo voglia di pulire la sera o molte altre faccende. Inoltre se si è in coppia, il fatto di non poter parlare è un buon modo per svegliarsi e sentirsi più presenti, più concentrati e avere un piccolo spazio per sé stessi (molto spesso ho sentito dire da persone che lo eseguono questa cosa).

Anche qui, provare per credere!

Jihwa Dhauti, pulizia della lingua

jibbi-netta linguaFra le tecniche di purificazione ayurvediche e dello Yogi una che sicuramente è fra le più praticate è quella della pulizia del cavo orale, lo jihwa dhauti, dove jihwa significa lingua e dhauti pulizia interna.

Oltre all’abituale pulizia dei denti l’ayurveda considera infatti essenziale la pulizia della lingua stessa. Su questa ogni mattina quasi tutti troviamo una patina biancastro-giallastra, che spesso persiste per tutta la giornata. Questa patina segnala la presenza di batteri ma non è da vedere come qualcosa di negativo, al contrario! Essa rappresenta il tentativo del nostro organismo di disintossicarsi. Durante la notte infatti il nostro fantastico corpo trasporta verso la lingua le varie tossine, da qui anche l’alito pesante che spesso sentiamo appena svegliati.

Possiamo dare un validissimo contributo al lavoro del nostro corpo utilizzando il nettalignua, un raschietto realizzato in rame o in acciaio inox che va passato alcune volte sulla lingua delicatamente partendo dalla parte più interna e proseguendo verso l’esterno in modo tale da raccogliere e portare via tutto ciò che vi si è depositato sopra, sciacquando dopo ogni passaggio.mirror-tongue-diagnosis1

Una pulizia quotidiana della lingua non solo aiuta l’organismo a non riassorbire le tossine, ma contrasta l’alito cattivo, protegge i denti e le gengive, migliora le funzioni immunitarie. Inoltre jihwa dhauti attiva la produzione degli enzimi salivari, che hanno il compito di iniziare la trasformazione del cibo in modo che le sostanze nutritive utili possano poi essere assorbite dall’organismo, stimolando la nostra digestione lungo tutto l’arco della giornata.

In occidente si pensa che la cosa più sana del mondo sia bere appena svegliati dell’acqua con limone o lavarsi i denti, ma non è così: bere subito dell’acqua infatti rimette in circolo le tossine che il nostro corpo ha meticolosamente portato in superficie durante la notte, mentre spazzolino e dentifricio svolgono un’azione quasi nulla poiché non rimuovono la patina. Per fortuna oramai anche molti dentisti e dottori occidentali stanno iniziando a consigliare questa facilissima tecnica.

Potete iniziare questa sana abitudine anche con un banale cucchiaio, giusto per vedere l’effetto che fa. In pochi giorni sentirete già di avere un alito meno pesante e vi diventerà molto facile rendere abituale questo banalissimo gesto. Provare per credere : )