Jala in sanscrito può essere tradotto con corso d’acqua, una massa di liquido che fluisce. Il termine dhara invece indica una rete, ma anche il concetto di trattenere, intrappolare.
Per praticare Jalandhara Bandha correttamente è necessario aprire bene il petto e lo sterno, allungare la schiena e collocare il mento nella forca dello sterno, tra le clavicole. In tal modo si realizza una delle condizioni basilari di Jalandhara, l’estensione della zona cervicale, assicurando una compressione quasi ideale a livello della zona del collo.
Con questa chiusura un particolare flusso di energia viene imprigionato nel plesso cervicale, evitandone la dispersione e favorendone invece la canalizzazione in shushumna, il condotto centrale energetico, di cui si parlerà in un altro articolo.
Jalandhara bandha può essere quindi descritto come un gesto che imprigiona un fitto gruppo di nervi e di vasi. Il flusso liquido invece, a diversi livelli di sottigliezza, si riferisce tanto al sangue quanto alla linfa, quanto all’energia, il famoso prana o qi, come preferiamo chiamarlo, cui viene impedito di scendere verso la gola e oltre.
La pratica corretta di questo bandha stimola la tiroide e la paratiroide, dirige il flusso dell’energia pranica direttamente verso il cuore, sigilla l’aria nel torace e stira la regione cervicale della colonna, stimolando il quinto chakra all’altezza della gola, il Vishuddha chakra.