Il perineo, la nostra radice

Il perineo esternamente è un piccolo lembo di pelle posto tra l’ano e i genitali, che al suo interno è costituito da visceri, muscoli, legamenti, orifizi e nervi. Nello yoga la zona perineale è definita “radice” (mula), da cui il nome del primo centro energetico, muladhara chakra. È la radice dell’energia creatrice e creativa concentrata e sopita, rappresentata simbolicamente come un serpente arrotolato alla base della colonna vertebrale.
Fisicamente si tratta di un luogo di “passaggio” attraversato da orifizi, che dà sostegno alla parte inferiore del tronco. Il perineo da una parte deve garantire grande elasticità, coordinazione sensoria e motoria per permettere i passaggi, dall’altra forza, solidità e tono muscolare per svolgere la funzione di sostegno.
Assume inoltre un’importante funzione nella respirazione, tanto da venir chiamato “secondo diaframma”: si abbassa e si dilata lievemente con l’inspirazione e risale e si ritrae con l’espirazione, seguendo le variazioni di pressione prodotte nella cavità addominale dal movimento del diaframma toracico. Con questo suo movimento ritmico favorisce la circolazione sanguigna in tutti gli organi del bacino.
Anche questa parte del corpo è soggetta agli stati emotivi: le emozioni negative, come collera, paura, frustrazione, inducono una vasocostrizione periferica, mentre quelle positive, come gioia e allegria, una vasodilatazione periferica.
Come sempre, sta a noi scegliere come usare questa energia creatrice, che ha la stessa medesima origine in ogni singolo essere umano.
Sta anche a noi aumentare la sensibilità verso questa parte del corpo.
Un modo molto semplice può essere osservare il perineo e il suo movimento durante lo shavasana o durante il pranayama. Respiriamo con calma e osserviamo, senza metterci fretta e senza forzare. Solo così, con calma, pazienza e gentilezza, potremo piano piano recuperare la connessione con questa parte così importante di noi, la nostra radice, la nostra casa.

Hanumanasana e i suoi innumerevoli benefici

La spaccata, chiamata hanumanasana nello yoga, è una delle mie posizioni preferite in assoluto. In entrambe le gravidanze mi ha aiutata tantissimo e sono sicura che è grazie a quest’asana in particolare che non ho mai sofferto, neanche al nono mese, di mal di schiena.

Molti vedono questa come una posizione irraggiungibile ma come sempre è tutta una questione di pratica, predisposizione e pazienza. L’obiettivo non deve essere fare una spaccata perfetta, ma trarne i benefici sentendosi sempre meglio nel proprio corpo.

E di benefici la spaccata ne ha tantissimi, sia per il corpo che per la mente.

  • Rafforza e allunga i muscoli delle gambe e dei fianchi.
  • Migliora la circolazione.
  • Previene i dolori alla schiena e quelli allo stomaco.
  • Stimola gli organi addominali e ne migliora le funzioni.
  • Fortifica le caviglie.
  • Favorisce un’apertura del cuore e migliora la respirazione.
  • Stimola un maggior flusso di energia.
  • Rende flessibile l’area dei fianchi.
  • Equilibra le energie sottili.
  • Sviluppa pazienza, disciplina e perseveranza.

Buona pratica a tutti 🙂

Muladhara e Ajna chakra, la Terra e il Cielo

Ultimamente ho scoperto questa variazione di Utkatasana, che unisce il potente radicamento della posizione classica a shambhavi mudra, collegando quindi il nostro primo chakra, muladhara, con il sesto, ajna. Mi piace così tanto che l’ho inserita nella sequenza attuale, per poterla condividerla con tutti.
Unire questi due centri energetici è molto importante, porta ad un equilibrio generale che sicuramente ci può aiutare a essere più consapevoli.
Per una persona come me poi, con tanti pianeti in fuoco e aria e con un solo pianeta in terra, le posizioni radicanti sono essenziali, direi quasi obbligatorie. Per questo scoprire quest’asana mi aiuta a non perdermi quando pratico shambhavi mudra.
Shambhavi mudra consiste nel guardare verso l’alto il più possibile senza muovere la testa per poi concentrare e focalizzare gli occhi sul centro fra le sopracciglia.È una tecnica potente per risvegliare ajna chakra, il nostro sesto centro energetico. SI può meditare mantenendo questo mudra. Io propongo di tenerlo almeno tre minuti ininterrottamente e poi eventualmente chiudere gli occhi e proseguire la meditazione così. Fisicamente rinforza i muscoli degli occhi, mentre sul piano psichico calma la mente.

La forza rigenerante di Viparita Karani

In sanscrito, viparita significa ”invertito”, “girato” e karani “fare”, “eseguire”. Questa posizione può pertanto essere tradotta come “la posizione invertita”.Viparita-Karani

Chi ha seguito le classi di luglio ha sperimentato la versione più rilassante, con le gambe appoggiate al muro e i glutei posizionati sul bolster o su di una coperta.

Questa posizione, considerata un vero e proprio mudra,  porta molteplici benefici. A livello fisico aiuta a drenare i liquidi che ristagnano nelle gambe e nell’addome, stimolando quindi la purificazione del sangue e migliorando le funzioni sia dei reni sia delle ghiandole surrenali. Essendo inoltre una posizione rovesciata, il sangue non ha più bisogno di essere pompato verso l’alto ma rifluisce naturalmente verso il cuore, che si riposa e si rigenera rapidamente. Inoltre, quando la testa si trova più in basso del cuore, il cervello riceve un messaggio di calma, alleviando stress, ansia, mal di testa.

É poi un’ottima posizione per osservare il proprio respiro, grazie all’apertura naturale del torace e all’addome rilassato. Io consiglio di mantenerla almeno per una quindicina di minuti, o per lo meno cinque. viparita-karani

Un’altra versione di questo mudra/asana è quella senza alcun sostegno esterno, se non quello delle proprie braccia, altrettanto interessante e rigenerante.

Questo mudra non dovrebbe essere praticato se si soffre di fegato, milza o tiroide ingrossati, artrosi cervicale, ernia iatale, ipertensione o altri disturbi cardiaci, trombosi, capillari oculari deboli. É anche sconsigliato durante il ciclo mestruale, sebbene sia invece ottimo per alleviare la sindrome premestruale. [/read]

Bhekasana, la posizione della Rana

53669805_456592634880480_1980740136446784783_nBhekasana è una posizione abbastanza avanzata nello yoga che richiede tempo per essere ben sentita. Essa allena la forza, la resistenza e la flessibilità insieme. Vengono infatti coinvolte tutte le parti del corpo, dalla testa ai piedi: le braccia, le gambe e la colonna collaborano per mantenere il tronco esteso, la leva delle braccia sui piedi mette le ginocchia in una flessione profonda. Produce una estensione importante dei flessori dell’anca e del collo dei piedi e può infatti aiutare a risolvere il problema dei piedi piatti. L’estensione della colonna si accentua a livello dorsale grazie a un’insolita posizione delle braccia, favorendo la respirazione e il flusso sanguigno. Gli organi interni vengono stimolati e la digestione facilitata. La posizione è molto interessante per le ginocchia: le articolazioni vengono rinvigorite, i muscoli attorno ad esse fortificati. Se praticata con costanza, riduce i traumi che affliggono questa parte del corpo, frequenti negli appassionati di corsa e jogging.

A livello più sottile porta energia ad anahata chakra, il chakra del cuore.bhekasana

Come sempre, il segreto è praticarla con consapevolezza, senza fretta, ascoltando il proprio respiro lento e rilassato. E magari connettendoci con la rana, proviamo a respirare con tutta la pelle, proprio come fa lei! I suoi polmoni infatti sono molto più rudimentali dei quelli dei mammiferi e svolgono una funzione puramente secondaria. La respirazione in questo animale si svolge principalmente mediante la pelle, con quella che viene chiamata “respirazione cutanea”.

Utthita chaturanga dandasana, la posizione del bastone sollevato

In sanscrito chaturanga significa “i quattro arti”, “dandasana” “bastone” e “utthita” “sollevato“, ma questa posizione è oramai comunemente chiamata posizione della tavola. È una posizione a me molto cara e che trovo importantissima per vari motivi.

Da un punto di vista prettamente fisico, rafforza e tonifica la parete addominale, non solo i muscoli superficiali, ma anche il muscolo trasverso, che ne è la parete più profonda. In caso di problemi al disco vertebrale o mal di schiena o ernie, questa posizione può aiutare a rafforzare la parte frontale del corpo per compensare la problematica nell’area posteriore ed infatti è ottima per rinforzare la schiena e migliorare la postura.

itthita chaturanga dandasanaMa anche spalle, braccia, polsi e petto vengono stimolati. Allunga inoltre i muscoli delle gambe e in generale aumenta la resistenza e la forza muscolare. È infine di grande aiuto per il senso dell’equilibrio. 

Ad un livello più sottile, attiva il plesso solare, Manipura chakra, migliorando così tutti gli aspetti relativi a tale chakra: senso di fiducia in se stessi, determinazione e forza di volontà. Imparando a rilassarsi nella posizione e tenendola vari respiri, (anche per vari minuti!), si possono facilmente percepire queste sensazioni e vi assicuro che è molto piacevole.

Il motivo per il quale mi piace proporla spesso e volentieri nelle classi è comunque principalmente dovuto all’attivazione del muscolo trasverso dell’addome, che gioca un ruolo essenziale nella pratica yogica.

Vi lascio in tal proposito con una citazione presa da un articolo molto ben scritto sull’importanza di questo muscolo e che potete leggere nella sua interezza qui.

Trasverso

“Il trasverso dell’addome non produce alcun movimento del tronco, la sua azione si espleta attraverso uno stato di “tenuta” spesso involontario, che crea di riflesso una leggera compressione a livello delle articolazioni intervertebrali, limitando in questo modo le forze di scivolamento tra i piani vertebrali  e conferendo stabilità su tutti i piani di movimento. Quindi maggiore sarà l’attivazione del trasverso, maggiore sarà la rigidità del muscolo stesso e delle articolazioni che esso attraversa. Per cui, la capacità di aumentare la rigidità delle articolazioni intervertebrali della intera colonna vertebrale (che detta così sembrerebbe un contro senso rispetto alla filosofia Yogica che prevede mobilità su tutti i piani e gli aspetti) attraverso il controllo in tenuta del trasverso dell’addome, consente di controllare i cedimenti e le forze di taglio che incorrono sotto carico e durante un movimento, inducendo un aumento della stabilità articolare.

Perciò, quando in un Asana si applica il controllo del trasverso dell’addome, (Uddiyana Bandha), si crea un iniziale stato di “rigidità”, che attraverso il permanere nell’Asana, si trasforma nell’esatto opposto, donando mobilità sui piani articolari e muscolari molto profondi.”

Ut – tan, l’intenso allungamento

Nella tradizione gli yogi collegavano in modo simbolico le diverse parti del corpo ai punti cardinali, con la testa che rappresenta il Nord, le piante dei piedi il Sud, la parte anteriore del corpo l’Est e la parte posteriore l’Ovest.

Ecco quindi che il termine uttana, intenso allungamento, riunisce varie asana, ognuna delle quali va ad estendere una particolare fascia del corpo.

In particolare racconterò in questo breve articolo le quattro asana che maggiormente stiamo conoscendo e approfondendo durante le classi, iniziando da uttanasana, una posizione che non dovrebbe mai a mancare nella pratica.

uttanasana

Uttanasana è la “posizione di intenso allungamento” che si svolge in piedi. Distende tutta laparte posteriore del corpo, in particolare le gambe e la parte bassa della schiena, massaggia gli organi interni e aiuta a disintossicare fegato, milza e reni. Aaccresce la flessibilità della parte alta della schiena e la distensione dei muscoli delle cosce. Favorisce l’afflusso del sangue verso la testa. É una posizione di radicamento alla terra,eccellente per stimolare Muladhara, il primo chakra. Come tutte le asana di allungamento in avanti, che quindi in qualche modo “raccolgono”, calma il sistema nervoso e porta all’introspezione.

Paschimottanasana

Paschima significa “Ovest”, che unito ad uttana diventa Paschimottanasanaposizione dell’allungamento dell’Ovest o della schiena. Aumenta la flessibilità delle anche e della colonna vertebrale, alleviando la lordosi e la lombalgia, tonifica e massaggia la zona pelvica e addominale, migliora le funzioni digestive. Riduce la dispepsia, la costipazione e i sintomi della gastrite e, proprio come uttanasana, rilassa il sistema nervoso permettendo il raccoglimento in sè stessi. Anche questa posizione stimola il primo chakra.

purvottanasana

In Purvottanasana troviamo invece il sostantivo purva, che in sanscrito significa “est” e quindi possiamo tradurre con  “posizione dell’intenso stiramento della parte anteriore del corpo”. É un’asana a me molto cara e che stiamo imparando ad eseguire con consapevolezza in questo periodo. Allunga tutti i muscoli della parte anteriore del corpo, fortifica i muscoli della schiena, delle braccia, dei polsi e delle gambe, rafforza le articolazioni delle spalle, del torace e delle caviglie. Apre inoltre la cassa toracica e distende i polmoni e, essendo una posizione di apertura, stimola il sistema nervoso. Sempre per questo motivo, purvottanasana attiva Manipura, il terzo chakra. Durante l’esecuzione dell’asana si può facilmente avvertire un’espansione e attivazione dell’energia a livello di coraggio, forza di volontà, determinazione.

300px-Parsvottanasana

Parsvottanasana è invece composto dal sostantivo parsva, lato, che quindi intende la posizione dell’intenso allungamento laterale. Promuove l’allungamento della muscolatura della schiena, delle spalle, dei fianchi e dei polpacci, distende le articolazioni intervertebrali, rinforza la muscolatura delle gambe. Stimola la circolazione e le funzioni degli organi addominali, migliorando la digestione. Aiuta ad incrementare la muscolatura della pianta dei piedi, utile per chi soffre di piedi piatti ma anche di piedi cavi e in generale, grazie all’equilibrio richiesto, migliora la postura e il senso di stabilità. Quando si estende la spina dorsale e si aprono le spalle si può sentire un senso di libertà nella parte alta del corpo, che viene stabilizzata dall’equilibrio richiesto dai piedi e dalla forza delle gambe. Sperimentandotale posizione, quindi, è possibile percepire questa dualità. A livello sottile parsvottanasana attiva Anahata, il quarto chakra. Durante l’esecuzione dell’asana si può avvertire un’espansione e attivazione dell’energia a livello di capacità di amare, gioia, fiducia.

Yin Yoga, il lato “freddo” dello Yoga

Lo Yin Yoga è uno stile basato sul concetto taoista dello yin e yang.
È ancora poco conosciuto in Italia, sebbene piano piano stia prendendo piede. Paul Grilley può essere considerato, se non forse il creatore, per lo meno colui che ha organizzato questo sistema in uno stile a sé stante e che l’ha fatto conoscere al mondo.

yin-ideogramaYin può essere tradotto come il lato in ombra  della collina, mentre lo Yang ne è il lato soleggiato. Lo Yin rappresenta la natura femminile, la Luna, il buio, il freddo, la passività, la terra, l’acqua, l’ovest. Lo Yang rappresenta invece la natura maschile, il Sole, la luce, il caldo, l’attività, la forza, il cielo, il fuoco, l’est.

Basandosi su questi due principi, lo yin yoga vuole contrapporsi – e di conseguenza bilanciare) alla pratica dell’hatha o del vinyasa yoga, che stimolano maggiormente i muscoli, di natura mobili e flessibili, quindi corrispondenti all’energia yang.
Questa pratica vuole quindi rilassare i muscoli e stimolare invece il tessuto connettivo, relativamente rigido e quindi di natura yin.

Cyin-yang0on tessuto connettivo si indicano vari tipi di tessuto che hanno in comune la funzione di provvedere al collegamento, al sostegno e nutrimento di altri tessuti dei vari organi.
Secondo la teoria dei meridiani della medicina cinese, il tessuto connettivo ospita i punti d’incrocio dei canali (meridiani secondo la tradizione cinese o nadi secondo quella indiana), attraverso i quali scorre l’energia vitale, detta anche Prana o Qi. Tale flusso energetico rallenta e ristagna, soprattutto attorno alle articolazioni (bacino e parte bassa della schiena, seguito delle ginocchia e le spalle), in mancanza di una corretta attività fisica.

La pratica yin, lenta e consapevole, in cui ogni posizione è mantenuta passivamente molto a lungo, (fino ad oltre venti minuti), applica una tensione ottimale sul tessuto connettivo ed è quindi molto utile per aprire e stimolare il tessuto che si fortifica e si apre dolcemente, creando più spazio tra le articolazioni, migliorandone il movimento e rendendole più salde, stabili e forti. In questa maniera si agisce, invece che sul singolo muscolo, sulle catene muscolari. Questa metodologia di allungamento permette, tra l’altro, di eliminare i “compensi” che il corpo crea nel momento in cui viene stirato. Riusciamo così a  migliorare in maniera reale la flessibilità e incrementare di conseguenza il flusso energetico.

A livello più sottile, sebbene le posizioni siano tenute in maniera passiva, vi è una fatica reale nel mantenerle poiché, per essere efficace, si dovranno eliminare tutti i compensi che il corpo crea per non sentire dolore. È quindi  importante respirare profondamente, per fare sì che il diaframma si muova in maniera fisiologica.
Non è un caso che questa pratica sia molto vicina alla meditazione più pura, molto più delle versioni dinamiche di yoga. La mente non è sempre portata verso un nuovo asana, verso un nuovo movimento e deve così imparare a restare calma e in osservazione senza perdersi in pensieri, per riuscire a rimanere nel qui ed ora. Respiro dopo respiro, riusciamo così a rilassare il corpo e le sue tensioni. Tensioni che mai risiedono solamente nel corpo.

Sarvângâsana, i benefici

Dopo aver parlato dei lati più “esoterici” di Sarvângâsana, ora è la volta di parlare dei suoi benefici a livello prettamente fisico.
Sicuramente si tratta di una delle asana più approfondite, studiate ed amate.
B. K. S. Iyengar afferma che la sua importanza non potrà mai essere lodata abbastanza ed arriva perfino a definirla una della grazie più grandi lasciate in eredità al genere umano dagli antichi yogi.

urdhva-padmasana-in-sarvangasana
Variazione di Sarvangasana – Urdhva Padmasana

Questa posizione elimina ogni ristagno di sangue venoso nelle gambe e negli organi addominali, previene la formazione di varici, migliora la digestione e pone rimedio alla stitichezza ed ai disturbi orinari; esercita inoltre una notevole stimolazione della tiroide – che risulta abbondantemente irrorata di sangue arterioso – del timo, dell’ipofisi e dell’ipotalamo, con l’effetto di correggerne eventuali alterazioni e regolarizzare il metabolismo corporeo.

Il viso ed il cervello ricevono un’abbondante ossigenazione contribuendo ad eliminare gli spasmi vascolari responsabili di svariate encefalopatie e di molti comuni mal di testa; la calma che deriva da questa postura aiuta ad attenuare stati di ansia ed insonnia.

Con una corretta esecuzione vengono temporaneamente annullati gli incurvamenti fisiologici della colonna vertebrale, correggendo in tal modo lievi difetti di statica generale e portando benefici in caso di ernia del disco.

Infine, la particolare postura e la pressione del mento sullo sterno impediscono la respirazione clavicolare e limitano quella toracica, favorendo dunque una respirazione diaframmatica; inoltre il peso dei visceri agevola l’espirazione e dona nuova elasticità al diaframma: Sarvângâsana ha dunque effetti positivi su alcune forme di asma, bronchiti e disturbi della gola.

Sarvângâsana, etimologia ed esoterismo

Sarvângâsana è comunemente conosciuta come la candela. Sebbene non sia menzionata nell’Hatha Yoga Pradipika, uno dei testi fondamentali nello yoga, questa è un’asana fra le più importanti in vari stili di yoga. Lascio quindi la parola ad uno dei pionieri dello yoga in Europa, Andrè Van Lysebeth, con una breve spiegazione riguardo all’etimologia del nome e qualche curiosità sulle sue implicazioni esoteriche 🙂
«Sarvâ in lingua sanscritas-sarvangasana-bks significa “tutto, tutti” e ângâ “membra, parti”.
Alcuni autori la traducono come “posizione per tutte le parti del corpo”. La traduzione potrebbe essere giustificata poiché Sarvângâsana agisce su tutto il corpo stimolando la tiroide, ma in questo caso anche molte altre asana meriterebbero questa definizione. Perché gli yogi avrebbero dunque favorito Sarvângâsana?
Diciamo con Alain Daniélou che Sarvângâsana è l’ellissi di sarvâângâuttàna-āsana (sarvâ= tutto, ângâ=membra, uttàna=alzato), dunque la traduzione letterale è “posizione in cui tutte le membra sono sollevate” e questo la rende diversa da tutte le altre posizioni.
[…] Questa asana deve i suoi principali effetti alla posizione capovolta del corpo, allo stiramento della nuca e alla stimolazione del ghiandola tiroide per la pressione che il mento esercita sullo sterno.
[…] Ora approfitteremo dell’occasione per parlare brevemente del suo aspetto esoterico. Gli orientali, compresi gli yogi, ammettono l’esistenza di correnti positive e negative (Yin e Yang dei cinesi), affermando che un flusso di energia cosmica discende dal cielo verso la terra. Quindi nella posizione in piedi l’uomo ne è attraversato verticalmente dall’alto in basso. Nelle posizioni capovolte questa energia scorre e agisce in senso opposto, ripristinando l’equilibrio nell’essere umano, l’unico a stazione eretta e che quindi è percorso in tutta la sua lunghezza dalle radiazioni cosmiche.
Questo spiega anche le raccomandazioni degli yogi sul mantenere la colonna vertebrale rigorosamente diritta e verticale durante il prāṇāyāma e la meditazione.
Che cosa pensare di queste “correnti”? Che cosa dice la scienza occidentale? Tutti i fisici, tutti i meteorologi, tutti gli scienziati sanno che la superficie terrestre (troposfera) ha una carica negativa e che l’alta atmosfera (litosfera) ha una carica positiva. La bassa atmosfera in cui viviamo è dunque compresa in un campo elettrostatico orientato approssimativamente dall’alto in basso, il cui gradiente di potenziale può raggiungere per ogni metro cubo 100-150 volt e oltre.
Se consideriamo che i fenomeni vitali, in particolare quelli legati all’attività nervosa e cerebrale, sono di natura elettrica e che gli elettroliti nelle cellule sono dei veri e propri operai della vita, possiamo ammettere che questa corrente esercita un’importante influenza su tutti gli stessi fenomeni vitali.
[…] Il dott. J. Belot ha scritto: “Quando consideriamo la vita alla luce della biofisica constatiamo sempre che i fenomeni elettrici sono alla base di qualsiasi vita cellulare. Dobbiamo quindi concludere che la vera essenza della vita è di natura elettrica”.
Questa conclusione giustifica ampiamente l’interpretazione esoterica degli effetti delle posizioni capovolte. I grandi Rishi (saggi) dell’antica India hanno percepito questi fenomeni sottili e le loro teorie hanno ricevuto una conferma dalle scoperte della scienza odierna.
Citiamo la spiegazione di Yesudian: “Questa āsana genera molti benefici a tutto l’organismo, a tal punto che ognuno dovrebbe praticarla diverse volte al giorno. I suoi effetti straordinariamente benefici provengono in parte da ciò che riceviamo come corrente contraria. È noto che la terra emette correnti negative, mentre lo spazio universale ci invia correnti positive. Nella posizione normale, retta, riceviamo correnti negative dai piedi e correnti positive dalla testa. Nelle posizioni capovolte avviene il contrario. La ragione del loro grande valore terapeutico risiede proprio nella posizione capovolta del corpo.”
Diciamo infine che Sarvângâsana procura quasi tutti i benefici della posizione capovolta sulla testa ed è una posizione assai più comoda.»
Tratto da:
Imparo lo Yoga, di Andrè Van Lysebeth