Il 15 e 16 ottobre di quest’anno sono stata invitata allo Yoga Rainbow Festival a San Pietroburgo.
Sono stata invitata da Ilya Zhuravlev, insegnante di yoga che ho conosciuto in India nel 2011. Proprio quello stesso anno lui e il suo collega Mikhail Baranov, proprietari dello studio Yoga 108 di Mosca, hanno fondato lo Yoga Rainbow, che viene organizzato ogni anno a maggio in Cirali, Turchia, e poi in differenti città russe.
Non sono mai stata una grande fan degli yoga festival, mi sembrano un inno al business e alla moda che hanno inondato lo yoga negli ultimi decenni.
Ero però molto curiosa di attendere a questo festival in particolare per vari motivi. Uno era senza dubbio la mia grande passione per la lingua e cultura russa: l’idea di poter aggiungere all’esperienza formativa quella ludico-culturale di girare per la magnifica città mi attirava molto.
Soprattutto però l’interesse era dovuto al fatto che entrambi gli organizzatori sono discepoli di Shailendra Sharma, guru del Krya Yoga del quale anche il mio insegnante in Italia è pupillo.
Non conoscevo bene Ilya, ma lo scambio che avevamo avuto in India mi aveva subito fatto intendere che era una persona onesta, aperta e con un profondo e vero interesse per lo yoga. Dal 2001 gira in lungo e in largo l’India, nonostante le difficoltà per i russi ad ottenere il visto, sperimentando e sperimentandosi.
Queste ragioni erano più che sufficienti per spingermi ad andare.
Così, preso il biglietto, sono partita e devo dire che le mie aspettative sono state felicemente confermate. Dello strascico modaiolo tipico di Milano neanche l’ombra. In due giorni si sono susseguite molte lezioni che hanno toccato vari aspetti della disciplina: anatomia, yoga per le donne, lezioni di approfondimento sulla tecnica dei bandha, lezioni di filosofia, oltre ovviamente a quelle di asana. Niente shops, cianfrusaglie, luci sfarzose, ninnoli vari!
Molte lezioni vertevano sull’aspetto terapeutico della disciplina, senza perdere il divertimento di provare asana più stravaganti, ma senza fretta, con calma ed equilibrio, insomma come dovrebbe essere (ma spesso non è).
I partecipanti erano aperti, curiosi e attenti e, sebbene il mio russo non sia così buono, è stato sufficiente per capire che la media aveva una conoscenza approfondita dello yoga e lo praticava in maniera autentica.
Ospite straniero è stato Anastasis Kotsogiannis, un sorridente insegnante greco che vive estraniato dal mondo a Creta, senza cellulare, nella maniera più spartana possibile. In Turchia gli ospiti stranieri sono di più, fra questi spiccano certamente i nomi di Mark e Joan Derby, che ho potuto seguire in Italia per una cinque giorni speciale e che ho apprezzato per la loro maniera più equilibrata e salutare di affrontare la pratica spesso aimé insegnata in modalità “no pain no game” dell’ashtanga vinyasa yoga.
Interessante è stato parlare con Ilya della situazione dello yoga in Russia: la chiesa ortodossa è molto forte e il rischio abbastanza elevato che venga fatto ostracismo contro questa disciplina, vista come una pratica esoterica e quindi insana.
Chissà, forse proprio questo rischio sta salvando lo yoga in Russia da un capitalismo sfrenato, mantenendolo più nascosto, più di nicchia. Cosicché solamente chi è veramente interessato si avvicini.