Lascio oggi la parola a
Fëdor Dostoevskij, che come molti di voi sanno è uno dei miei autori preferiti. In particolare, in occasione della pasqua, vi lascio con il finale de I Fratelli Karamazov, un libro che ho letto due volte a distanza di dieci anni. La prima volta lo apprezzai per l’attacco alla religione che vi trovavo (il famoso passaggio de “il grande inquisitore”), la seconda l’ho amato per la sua grandissima spiritualità. Le contraddizioni mi hanno sempre stimolata ed è bello anche ricredersi e scoprire il nuovo in ciò che già si credeva di conoscere. Non vi anticiperà nulla della storia, qualora vi venisse voglia di leggerlo in un futuro 🙂
Buona lettura!
“Signori, presto ci separeremo … Stringiamo un patto qui, presso il macigno di Iljuša: che non ci dimenticheremo prima di tutto di Iljuša, e poi l’uno dell’altro… E ci ricorderemo il giorno in cui abbiamo sepolto il povero ragazzo, al quale in passato avevamo tirato i sassi presso il ponticello – ve lo ricordate? – e poi abbiamo tutti imparato ad amarlo… Sappiate che non c’è nulla di più sublime, di più potente, di più salutare e di più utile per tutta la vita, di un buon ricordo e soprattutto di un ricordo dell’infanzia… Se un uomo porta con sé molti di questi ricordi nella vita, egli sarà salvo fino alla fine dei suoi giorni. E anche se dovesse rimanere un solo buon ricordo nel nostro cuore, anche quello potrebbe servire un giorno per la nostra salvezza. Chissà, potremo anche diventare cattivi un giorno… Tuttavia, per quanto possiamo diventare cattivi – che Dio non voglia! – quando ricorderemo il giorno in cui abbiamo sepolto Iljuša, come lo abbiamo amato negli ultimi giorni della sua vita e come, in questo momento, ci siamo parlati da amici, stando tutti insieme presso questo macigno, allora anche il più cattivo fra di noi, anche il più cinico – ammesso che si sia diventati tali – non oserà, dentro di sé, ridere di quanto è stato buono e gentile in questo momento! Anzi, pot
rebbe accadere che proprio questo ricordo lo distolga da un grande male ed egli potrà riflettere e dire: – Sì, allora ero buono, coraggioso e onesto – ”.
“Sarà sicuramente così, Karamazov, io vi comprendo, Karamazov!”, esclamò Kolja con gli occhi che gli brillavano. I ragazzi si agitarono commossi e volevano dire qualcosa anche loro, ma si trattennero e continuarono a rivolgere i loro sguardi attenti e commossi all’oratore. “Dico questo nel caso deprecabile che diventiamo cattivi”, proseguì Alëša, “ma perché mai dovremmo diventarlo, signori? Per prima cosa, soprattutto, noi saremo buoni, poi onesti e poi non ci dimenticheremo mai l’uno dell’altro. Lo ripeto ancora. Io, per primo, vi do la mia parola che non dimenticherò nessuno di voi; ciascun viso che in questo momento mi sta guardando, lo ricorderò, dovessero passare pure trent’anni… Voi tutti, signori, mi siete cari, per sempre conserverò tutti voi nel mio cuore e vi chiedo di conservare anche me nel vostro! E chi ci ha uniti in questo buono, nobile sentimento – colui che noi ricorderemo e desidereremo ricordare per sempre, per tutta la vita – se non Iljuša, il buon ragazzo, il dolce ragazzo, il ragazzo che sarà caro a noi nei secoli dei secoli? Allora non dimentichiamolo mai, eterna memoria a lui nei nostri cuori da ora e nei secoli dei secoli!”.
“Sì, sì, eterna memoria, eterna memoria”, gridarono all’unisono i ragazzi con le loro vocette squillanti e i volti commossi. “Ricorderemo anche il suo viso, il suo vestitino, e i suoi miseri stivaletti e la sua piccola bara e il suo sciagurato padre, e di come egli insorse coraggiosamente contro tutta la classe in difesa del padre!” . “Ricorderemo, ricorderemo!”, fecero coro ancora una volta i ragazzi. “Era coraggioso, era buono!”. “Ah, quanto gli volevo bene!”, esclamò Kolja. “Ah, figlioletti, cari amici, non abbiate paura della vita! Com’è bella la vita se compi un’azione giusta e buona!”. “Sì, sì”, ripeterono i ragazzi solennemente. “Karamazov, vi vogliamo bene!”, gridò impulsivamente una voce, forse quella di Kartašov. “Vi vogliamo bene, vi vogliamo bene!”, fecero eco anche tutti gli altri. Molti avevano gli occhietti pieni di lacrime. “Urrà per Karamazov!”, proclamò Kolja entusiasta. “Ed eterna memoria al povero ragazzo!”, soggiunse ancora una volta con sentimento Alëša. “Eterna memoria!”, ripeterono i ragazzi.
“Karamazov!”, gridò Kolja. “È vero che la religione dice che noi tutti risorgeremo dai morti e torneremo a vivere e ci rivedremo l’un l’altro, tutti, anche Iljuša?”.“Senza dubbio risorgeremo, senza dubbio ci rivedremo e in gioia e lietezza ci racconteremo l’un l’altro tutto il nostro passato”, rispose Alëša fra sorridente e estasiato. “Ah, come sarà bello!”, sfuggì a Kolja. “Ma adesso basta parlare e andiamo al pranzo funebre. Non siate turbati dal fatto che mangeremo le frittelle. Questa è un’antica, eterna tradizione e c’è del buono in essa!”, disse Alëša ridendo. “Su, andiamo! Andiamoci tutti adesso, mano nella mano!”. “E sarà così per sempre, per tutta la vita, mano nella mano! Urrà per Karamazov!”, gridò Kolja un’altra volta con trasporto, e ancora una volta i ragazzi fecero eco al suo grido”.

da stupirsi che nell’ayurveda e nello yoga si porti tanta attenzione alla purificazione delle cavità nasali. Ho già parlato del
oi passate all’altro lato.
Poi litigarono, decisero di separarsi e dividere al cinquanta per cento le proprietà. A transazione avvenuta, trovarono un pacchettino che il padre aveva nascosto con cura. Lo aprirono e vi trovarono due anelli: uno aveva un diamante di notevole valore, l’altro era un semplice anello d’argento da poche rupie.
ro affrontare gli alti e i bassi della vita. Quando arrivava la primavera, il fratello più anziano era felice e si esaltava. Quando arrivavano l’autunno o l’inverno, era colto da forte depressione. Divenne teso e sviluppò una forte ipertensione. Incapace di dormire cominciò ad assumere sonniferi, tranquillanti e ogni sorta di farmaci sempre più forti. Questo era il fratello con l’anello di diamanti.
tile: la pulizia delle fosse nasali.
quindi la pulizia della lingua col nettalingua la cosa migliore è spazzolare dolcemente i denti con uno spazzolino diverso da quello che usiamo abitualmente, senza usare dentifricio o altro. Basta semplicemente spazzolare in modo da togliere i residui più grandi che si sono formati fra gli interstizi.

raticare Jalandhara Bandha correttamente è necessario aprire bene il petto e lo sterno, allungare la schiena e collocare il mento nella forca dello sterno, tra le clavicole. In tal modo si realizza una delle condizioni basilari di Jalandhara, l’estensione della zona cervicale, assicurando una compressione quasi ideale a livello della zona del collo.

Questa tecnica provoca bradicardia sinusale, ovvero una riduzione della frequenza cardiaca. Durante l’esecuzione inoltre, la parte lombare della colonna vertebrale viene stirata, mentre la parte sacrale viene spinta verso l’alto, dando sollievo alla schiena.Tutto l’addome viene strizzato come una spugna, gli organi interni vengono stimolati nelle loro funzioni e rivitalizzati e questo aiuta a prevenire o a ridurre un gran numero di disturbi tra cui costipazione, indigestione, coliti, purché non siano in forma grave.
scrito significa radice, fonte, origine, ma anche causa, base o fondamenta. Questo bandha interessa i muscoli della regione inferiore dell’addome, cioè dall’ano al perineo. Il movimento di contrazione di questi muscoli deve essere direzionato all’interno, cioè verso la colonna vertebrale e verso l’alto, in direzione del nostro ombelico. Questa è anche l’area dove viene collocato il primo Chakra, il Muladhara (Mula= radice, fonte – adhara = sostegno o parte vitale).
Attraverso questa tecnica agiamo direttamente sul plesso pelvico stimolando in questo modo il sistema parasimpatico pelvico che ha come funzione quella di allentare spasmi o blocchi presenti, molto spesso, nel basso dell’addome. Il concetto chiave è mantenere la contrazione imparando al contempo a rilassare la zona.
