Agnisara Dhauti

Uddiyana Bandha conduce naturalmente ad Agnisara Dhauti. Dhauti equivale a “processo di purificazione” e Agnisara “con il fuoco”. Agnisara dhauti significa quindi “purificazione con il fuoco”, dove per fuoco intendiamo quello digestivo.

Questo dhauti infatti è un ottimo massaggio per l’addome, facilita l’assimilazione dei cibi e accelera la digestione intestinale, da cui il meritato nome di “purificazione con il fuoco (digestivo)”.

Esso consiste in una serie di uddiyana ripetute senza respirare: quando il ventre è contratto, lo si lascia ritornare subito alla sua posizione naturale per contrarlo nuovamente subito dopo fino a quando non si senta il bisogno di respirare. Dopo una breve pausa si ripete e così per qualche ciclo. All’inizio è meglio procedere lentamente, per poi aumentare il ritmo fino ad arrivare ad una ripetizione di 50 o 60 uddiyana.

La difficoltà di agnisara dhauti sta nell’effettuare queste detrazioni mantenendo il ventre sempre rilassato.

Come uddiyana bandha, anche questo dhauti dovrebbe essere praticato a stomaco vuoto, preferibilmente al mattino prima di colazione e idealmente dopo aver svuotato le viscere.

Queste due pratiche correggono lo stato funzionale con il massaggio profondo, con la manipolazione delle viscere e l’acceleramento della circolazione nell’addome. Tutto il tubo digerente ne è stimolato, la digestione diventa più facile e la dispepsia scompare. La depressione che viene a crearsi nella cassa toracica interessa, oltre agli organi addominali anche il diaframma, i polmoni e il cuore. Il diaframma ritrova la sua perduta mobilità, i polmoni vengono stimolati e tornano elastici, mentre l’apnea a polmoni voti li tonifica. Il cuore, poggiato accuratamente sul diaframma e trai polmoni, trae beneficio dal massaggio provocato dal reiterato sollevamento del diaframma. Infine, dedicando pochi minuti ogni mattina, stimoliamo la circolazione sanguigna.

Non per caso Swami Shivananda attribuiva a uddiyana bandha e agnisara dhauti la definizione di “benefattori dell’umanità”.

Nauli, il quinto Shatkarma

मन्दाग्नि-सन्दीपन-पाछनादि-
सन्धापिकानन्द-करी सदैव |
अशेष्ह-दोष्ह-मय-शोष्हणी छ
हठ-करिया मौलिरियं छ नौलिः || ३४ ||
mandāghni-sandīpana-pāchanādi-
sandhāpikānanda-karī sadaiva |
aśeṣha-doṣha-maya-śoṣhaṇī cha
haṭha-kri

yā mauliriyaṃ cha nauliḥ || 34 ||
Nauli è la pratica prin
cipale dell’Hatha Yoga Pradipika. Stimola il fuoco digestivo, rimuove l’indigestione, la digestione lenta e altri disordini dei dosa, portando felicità.

nauli

Nauli è elencato nell’Hatha Yoga Pradipika come il quinto della serie degli shatkarma, le sei tecniche di depurazione atte a preparare il discepolo al pranayama. Questa pratica è, come ricorda il testo, probabilmente la più importante fra gli shatkarma, quella che si dovrebbe eseguire giornalmente.

Durante il nauli tutta la nostra struttura muscolare viene coinvolta ma in modo particolare sono all’opera i retti addominali. Per questo una pratica quotidiana garantisce un addome tonico e un buon funzionamento dell’apparato gastroenterico, rimuovendo la costipazione e incoraggiando la peristalsi intestinale.
Inoltre, grazie alla collaborazione di molti muscoli addominali, nauli svolge un’azione di sostegno per la colonna lombare.

अथ नौलिः
अमन्दावर्त-वेगेन तुन्दं सव्यापसव्यतः |
नतांसो भरामयेदेष्हा नौलिः सिद्धैः परशस्यते || ३३ ||
atha nauliḥ

amandāvarta-veghena tundaṃ savyāpasavyataḥ |
natāṃso bhrāmayedeṣhā nauliḥ siddhaiḥ praśasyate || 33 ||
Piegandosi in avanti, si sporge l’addome in avanti e lo si fa ruotare da destra a sinistra e da sinistra a destra con vigore. Questo è chiamato dai discepoli Nauli

Essenziale per eseguire il nauli è avere già dimestichezza con l’uddhyana bandha.
Se si è in grado di mantenere agevolmente uddiyana bandha per 15-20 secondi, si può iniziare il nauli.Durante il mantenimento di uddiyana bandha viene data una spinta in avanti e verso l’alto alla zona addominale, fra l’ombelico e l’osso pubico.
Ciò provoca la contrazione e quindi la stimolazione dei muscoli retti addominali fra l’osso pubico e le costole, le qualiassumono un aspetto sporgente.

Personalmente io lo pratico tutte le mattine, cercando di far muovere abbastanza velocemente, ma profondamente, i muscoli retti addominali con un movimento fluido. Più ci si abitua più si riesce a restare maggiormente in ritenzione, facendo anche sulle 50/60 rotazioni in un solo round. Farne anche 4 cicli è un buon modo per risvegliare bene la zona 🙂

Dhautīh, il primo shatkarma

तत्र धौतिः
छतुर-अङ्गुल-विस्तारं हस्त-पञ्छ-दशायतम |
गुरूपदिष्ह्ट-मार्गेण सिक्तं वस्त्रं शनैर्ग्रसेत |
पुनः परत्याहरेछ्छैतदुदितं धौति-कर्म तत || २४ ||
tatra dhautiḥ
chaturangghulavistāraṃ hastapañchadaśāyatam |
ghurūpadiṣhṭamārgheṇa siktaṃ vastraṃ śanairghraset |
punaḥ pratyāharechchaitaduditaṃ dhautikarma tat || 24 ||
Un pezzo di stoffa, larga quattro dita e della lunghezza di 5 volte il palmo della mano, viene umidificato e lentamente ingerito per poi venire estratto molto lentamente, come insegnato dal Guru. Questa tecnica è conosciuta come  Dhauti.

Dhautīh è il primdhautiho shatkarma segnato nell’Hatha Yoga Pradipika e probabilmente uno fra quelli che più possono intimorire.
La tecnica infatti è abbastanza complessa, sebbene non impossibile. A livello fisico, si tratta di una pulizia della gola e dell’esofago. A livello più sottile, questo shatkarma stimola i muscoli che vengono maggiormente sollecitati durante il pranayama.
In pratica, si ingerisce una striscia di garza umida, accompagnando l’introduzione con varie sorsate d’acqua e masticando la garza lentamente, come fosse cibo, inghiottendola poco alla volta fino a che nosterno-gabbia-toracican raggiungerà lo sterno, proprio fino al processo xifoideo. La parte finale della garza verrà tenuta coi denti, poiché dopo, sempre lentamente e con molta delicatezza, la si estrarrà dalla bocca.
È consigliato eseguire le prime volte questa tecnica con un maestro che ci assista, poiché non possiamo mai sapere che tipo di sensazioni o reazioni ne deriveranno!

A cosa serve ce lo rivela il sutra successivo:

कास-शवास-पलीह-कुष्ह्ठं कफरोगाश्छ विंशतिः |
धौति-कर्म-परभावेण परयान्त्येव न संशयः || २५ ||
kāsa-śvāsa-plīha-kuṣhṭhaṃ kapharoghāścha viṃśatiḥ |
dhauti-karma-prabhāveṇa prayāntyeva na saṃśayaḥ || 25 ||
non c‘è dubbio che tosse, asma, malattie della milza, anche lebbra e altri venti tipi di malattie causate da un eccesso di muco vengono distrutte attraverso gli effetti di Dhautīh Karma.
shiva

È abbastanza improbabile che si riesca subito ad ingerire la garza fino ad arrivare allo sterno. Il mio consiglio è provare ogni giorno, fino a che il corpo non si sarà abituato. Il mio insegnante ci ha dato come “trucco” quello di stendere un po’ di miele sul pezzo di stoffa, per renderlo più pesante e farlo scendere più facilmente. A me ha aiutato molto.
Quando riusciamo ad ingerire completamente la garza, cerchiamo di restare un po’ in ascolto, respirando profondamente e cercando di seguire l’allineamento della schiena, per sentire cosa succede nel corpo e quali muscoli vengono stimolati.

Due nota a margine: Hast in sanscrito significa “la lunghezza che va dal gomito fino alla punta delle dita”. La lunghezza della garza dipenderà quindi dal singolo yogi, che taglierà la garza di conseguenza.
Esiste poi una variante a questa tecnica, spesso chiamata vastra dhautih, dove il pezzo di garza è molto più lungo e raggiunge lo stomaco. Stranamente, è una variazione che ha preso molto piede e viene aimé spesso confusa con dhautīh. Ma questa seconda tecnica non è uno shatkarma.

Shatkarma, le sei tecniche di depurazione

ida-pingala-shushumna
Le tre nadi principali, Ida, Pingala e Shushumna

Shat significa “sei” e karma significa “azione”. Gli shatkarma sono sei azioni, o pratiche come comunemente si dice, di purificazione, dove non intendiamo solamente purificare e rinvigorire il corpo, ma anche temprare la forza di volontà e la concentrazione mentale.

A livello fisico, con gli shatkarma portiamo armonia tra i tre Dosha, le tre tipologie di costituzione dettate nell’Ayurveda, l’antica scienza medica indiana. Questi sono vata – aria o vento; pitta – bile o fuoco; e kapha – muco o flemma.  Sempre a livello fisico, andiamo inoltre ad equilibrare le due nadi principali, che potremmo tradurre come meridiani, sebbene non corrispondano precisamente a quelli cinesi. Queste nadi principali sono Ida, collegata alla narice sinistra, e Pingala, collegata alla narice destra. In mezzo a loro scorre Shushumna nadi, che attraversa tutti i chakra partendo dal primo, Muladhara, alla base della colonna vertebrale, giungendo al settimo, Ajna, situato sulla sommità del capo. Secondo la tradizione indiana questa nadi è inattiva nella maggior parte degli esseri. Essa si risveglia grazie ad una respirazione consapevole e bilanciata.

Ma soffermiamoci sui tre sutra in cui l’Hatha Yoga Pradipika parla degli shatkarma:

मेद-शलेष्ह्माधिकः पूर्वं षहट-कर्माणि समाछरेत |
अन्यस्तु नाछरेत्तानि दोष्हाणां समभावतः || २१ ||
meda-śleṣhmādhikaḥ pūrvaṃ ṣhaṭ-karmāṇi samācharet |
anyastu nācharettāni doṣhāṇāṃ samabhāvataḥ || 21 ||
Quando il grasso o muco è eccessivo, gli shatkarma devono essere praticati prima (del pranayama). Gli altri, in cui i dosha (cioè flemma, vento e bile) sono equilibrati non ne hanno bisogno

Infatti uno yogi che abbia oramai bilanciato i tre dosha, non ha bisogno di praticare giornalmente i shatkarma. Più avanziamo nella pratica, meno ne abbiamo bisogno. Essi sono per l’appunto uno strumento, da usare se necessario.

धौतिर्बस्तिस्तथा नेतिस्त्राटकं नौलिकं तथा |
कपाल-भातिश्छैतानि षहट-कर्माणि परछक्ष्हते || २२ ||
dhautirbastistathā netistrāṭakaṃ naulikaṃ tathā |
kapāla-bhātiśchaitāni ṣhaṭ-karmāṇi prachakṣhate || 22 ||
I sei tipi di depurazione sono: Dhauti, Basti, Neti, Trâtaka, Nauli e Kapâla Bhâti. Questi sono chiamati le sei azioni

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कर्म षहट्कमिदं गोप्यं घट-शोधन-कारकम |
विछित्र-गुण-सन्धाय पूज्यते योगि-पुणगवैः || २३ ||
karma ṣhaṭkamidaṃ ghopyaṃ ghaṭa-śodhana-kārakam |
vichitra-ghuṇa-sandhāya pūjyate yoghi-pungghavaiḥ || 23 ||
Questi shatkarma, che effettuano la purificazione del corpo, devono essere mantenuti segreti. Hanno molteplici risultati meravigliosi e sono tenuti in grande considerazione da yogi eminenti

Senza imparare a fondo gli shatkarma il controllo interno muscolare e nervoso non viene sviluppato e senza questo controllo il pranayama rimane impossibile. Per questo, imparare gli shatkarma è di estrema importanza per uno yogi.

Yin Yoga, il lato “freddo” dello Yoga

Lo Yin Yoga è uno stile basato sul concetto taoista dello yin e yang.
È ancora poco conosciuto in Italia, sebbene piano piano stia prendendo piede. Paul Grilley può essere considerato, se non forse il creatore, per lo meno colui che ha organizzato questo sistema in uno stile a sé stante e che l’ha fatto conoscere al mondo.

yin-ideogramaYin può essere tradotto come il lato in ombra  della collina, mentre lo Yang ne è il lato soleggiato. Lo Yin rappresenta la natura femminile, la Luna, il buio, il freddo, la passività, la terra, l’acqua, l’ovest. Lo Yang rappresenta invece la natura maschile, il Sole, la luce, il caldo, l’attività, la forza, il cielo, il fuoco, l’est.

Basandosi su questi due principi, lo yin yoga vuole contrapporsi – e di conseguenza bilanciare) alla pratica dell’hatha o del vinyasa yoga, che stimolano maggiormente i muscoli, di natura mobili e flessibili, quindi corrispondenti all’energia yang.
Questa pratica vuole quindi rilassare i muscoli e stimolare invece il tessuto connettivo, relativamente rigido e quindi di natura yin.

Cyin-yang0on tessuto connettivo si indicano vari tipi di tessuto che hanno in comune la funzione di provvedere al collegamento, al sostegno e nutrimento di altri tessuti dei vari organi.
Secondo la teoria dei meridiani della medicina cinese, il tessuto connettivo ospita i punti d’incrocio dei canali (meridiani secondo la tradizione cinese o nadi secondo quella indiana), attraverso i quali scorre l’energia vitale, detta anche Prana o Qi. Tale flusso energetico rallenta e ristagna, soprattutto attorno alle articolazioni (bacino e parte bassa della schiena, seguito delle ginocchia e le spalle), in mancanza di una corretta attività fisica.

La pratica yin, lenta e consapevole, in cui ogni posizione è mantenuta passivamente molto a lungo, (fino ad oltre venti minuti), applica una tensione ottimale sul tessuto connettivo ed è quindi molto utile per aprire e stimolare il tessuto che si fortifica e si apre dolcemente, creando più spazio tra le articolazioni, migliorandone il movimento e rendendole più salde, stabili e forti. In questa maniera si agisce, invece che sul singolo muscolo, sulle catene muscolari. Questa metodologia di allungamento permette, tra l’altro, di eliminare i “compensi” che il corpo crea nel momento in cui viene stirato. Riusciamo così a  migliorare in maniera reale la flessibilità e incrementare di conseguenza il flusso energetico.

A livello più sottile, sebbene le posizioni siano tenute in maniera passiva, vi è una fatica reale nel mantenerle poiché, per essere efficace, si dovranno eliminare tutti i compensi che il corpo crea per non sentire dolore. È quindi  importante respirare profondamente, per fare sì che il diaframma si muova in maniera fisiologica.
Non è un caso che questa pratica sia molto vicina alla meditazione più pura, molto più delle versioni dinamiche di yoga. La mente non è sempre portata verso un nuovo asana, verso un nuovo movimento e deve così imparare a restare calma e in osservazione senza perdersi in pensieri, per riuscire a rimanere nel qui ed ora. Respiro dopo respiro, riusciamo così a rilassare il corpo e le sue tensioni. Tensioni che mai risiedono solamente nel corpo.

Kapalabhati, la respirazione del cranio lucente

अथ कपालभातिः
भस्त्रावल्लोह-कारस्य रेछ-पूरौ ससम्भ्रमौ |
कपालभातिर्विख्याता कफ-दोष्ह-विशोष्हणी || ३५ ||
atha kapālabhātiḥ
bhastrāvallohakārasya rechapūrau sasambhramau |
kapālabhātirvikhyātā kaphadoṣhaviśoṣhaṇī || 35 ||
Eseguite l’espirazione e l’inspirazione rapidamente come i mantici di un fabbro. Questo si chiama kapalbhati e distrugge tutti i disordini causati dal muco.

Kapalabhati è l’ukapalabhatiltimo dei sei shatkarma descritti nell’Hatha Yoga Pradipika. “Kapala” significa teschio , mentre “Bhati” significa splendere, pulito. Per questo, spesso Kapalabhati viene tradotto come “cranio splendente”.

Questa traduzione rispecchia appieno uno dei maggiori benefici di questa tecnica, che è l’ossigenazione del cervello.
Nella respirazione abituale, l’inspirazione è la fase attiva, che corrisponde al gonfiarsi dei polmoni e a una diminuzione del volume del cervello. L’espirazione è invece la fase passiva, durante la quale le dimensioni del cervello aumentano. Durante Kapalabhati si provoca una respirazione forzata e opposta rispetto a quella abituale, in cui l’espirazione è attiva e quasi brutale, mentre l’inspirazione è passiva. Se si pensa che il cervello è il più gran consumatore di ossigeno del corpo, si comprende immediatamente l’importanza di questa tecnica.

La tecnica consiste nell’espirare profondamente ed esclusivamente dal naso fino a contrarre gli addominali (può aiutare agli inizi pensare ad uno double-acting-bellowsstarnuto o, come dice l’Hatha Yoga Pradipika, al suono del mantice di un fabbro). A questa forte contrazione segue una inspirazione passiva e lenta, che permette ai muscoli addominali di rilassarsi. L’intero processo deve avvenire rapidamente grazie all’attività dei muscoli addominali, mentre i movimenti del busto sono minimi. Si continua così per vari cicli, che variano a seconda dell’esperienza del praticante. Spesso questa tecnica viene eseguita molto velocemente, ma io (e soprattutto chi ne sa più di me) lo sconsiglio. Meglio mantenere un ritmo regolare, non lento ma assolutamente non frenetico, soprattutto quando siamo agli inizi. Più ci abituiamo a mantenere una postura corretta, con il busto perfettamente eretto, più possiamo aumentare la velocità, ma senza mai esagerare.

Kapalabhati elimina una forte quantità di anidride carbonica e al contempo, con l’inspirazione lunga e lenta, porta un flusso fresco di ossigeno a tutto il corpo, stimolando i neuroni e l’ipotalamo. Ma i benefici non si fermano qui: accelera la circolazione sanguigna, tonifica la cintura addominale, mobilizza il diaframma e mantiene l’elasticità polmonare. È un’ottima pratica per rimuovere la stanchezza mentale e può essere praticata facilmente durante la giornata, lontano dai pasti.

Un Weekend di Yoga a San Pietroburgo

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Mikhail e Ilya

Il 15 e 16 ottobre di quest’anno sono stata invitata allo Yoga Rainbow Festival a San Pietroburgo.
Sono stata invitata da Ilya Zhuravlev, insegnante di yoga che ho conosciuto in India nel 2011. Proprio quello stesso anno lui e il suo collega Mikhail Baranov, proprietari dello studio Yoga 108 di Mosca, hanno fondato lo Yoga Rainbow, che viene organizzato ogni anno a maggio in Cirali, Turchia, e poi in differenti città russe.

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San Pietroburgo, la Splendida

Non sono mai stata una grande fan degli yoga festival, mi sembrano un inno al business e alla moda che hanno inondato lo yoga negli ultimi decenni.
Ero però molto curiosa di attendere a questo festival in particolare per vari motivi. Uno era senza dubbio la mia grande passione per la lingua e cultura russa: l’idea di poter aggiungere all’esperienza formativa quella ludico-culturale di girare per la magnifica città mi attirava molto.

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Mikhail insegna una classe dedicata ai bandha

Soprattutto però l’interesse era dovuto al fatto che entrambi gli organizzatori sono discepoli di Shailendra Sharma, guru del Krya Yoga del quale anche il mio insegnante in Italia è pupillo.

Non conoscevo bene Ilya, ma lo scambio che avevamo avuto in India mi aveva subito fatto intendere che era una persona onesta, aperta e con un profondo e vero interesse per lo yoga. Dal 2001 gira in lungo e in largo l’India, nonostante le difficoltà per i russi ad ottenere il visto, sperimentando e sperimentandosi.
Queste ragioni erano più che sufficienti per spingermi ad andare.

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Yoga terapeutico

Così, preso il biglietto, sono partita e devo dire che le mie aspettative sono state felicemente confermate. Dello strascico modaiolo tipico di Milano neanche l’ombra. In due giorni si sono susseguite molte lezioni che hanno toccato vari aspetti della disciplina: anatomia, yoga per le donne, lezioni di approfondimento sulla tecnica dei bandha, lezioni di filosofia, oltre ovviamente a quelle di asana. Niente shops, cianfrusaglie, luci sfarzose, 14633139_1125159104200316_7350266984886061234_oninnoli vari!

Molte lezioni vertevano sull’aspetto terapeutico della disciplina, senza perdere il divertimento di provare asana più stravaganti, ma senza fretta, con calma ed equilibrio, insomma come dovrebbe essere (ma spesso non è).
I partecipanti erano aperti, curiosi e attenti e, sebbene il mio russo non sia così buono, è stato sufficiente per capire che la media aveva una conoscenza approfondita dello yoga e lo praticava in maniera autentica.

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Un greco nella già “freddina” Pietroburgo

Ospite straniero è stato Anastasis Kotsogiannis, un sorridente insegnante greco che vive estraniato dal mondo a Creta, senza cellulare, nella maniera più spartana possibile. In Turchia gli ospiti stranieri sono di più, fra questi spiccano certamente i nomi di Mark e Joan Derby, che ho potuto seguire in Italia per una cinque giorni speciale e che ho apprezzato per la loro maniera più equilibrata e salutare di affrontare la pratica spesso aimé insegnata in modalità “no pain no game” dell’ashtanga vinyasa yoga.

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Interessante è stato parlare con Ilya della situazione dello yoga in Russia: la chiesa ortodossa è molto forte e il rischio abbastanza elevato che venga fatto ostracismo contro questa disciplina, vista come una pratica esoterica e quindi insana.
Chissà, forse proprio questo rischio sta salvando lo yoga in Russia da un capitalismo sfrenato, mantenendolo più nascosto, più di nicchia. Cosicché solamente chi è veramente interessato si avvicini.

Sarvângâsana, i benefici

Dopo aver parlato dei lati più “esoterici” di Sarvângâsana, ora è la volta di parlare dei suoi benefici a livello prettamente fisico.
Sicuramente si tratta di una delle asana più approfondite, studiate ed amate.
B. K. S. Iyengar afferma che la sua importanza non potrà mai essere lodata abbastanza ed arriva perfino a definirla una della grazie più grandi lasciate in eredità al genere umano dagli antichi yogi.

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Variazione di Sarvangasana – Urdhva Padmasana

Questa posizione elimina ogni ristagno di sangue venoso nelle gambe e negli organi addominali, previene la formazione di varici, migliora la digestione e pone rimedio alla stitichezza ed ai disturbi orinari; esercita inoltre una notevole stimolazione della tiroide – che risulta abbondantemente irrorata di sangue arterioso – del timo, dell’ipofisi e dell’ipotalamo, con l’effetto di correggerne eventuali alterazioni e regolarizzare il metabolismo corporeo.

Il viso ed il cervello ricevono un’abbondante ossigenazione contribuendo ad eliminare gli spasmi vascolari responsabili di svariate encefalopatie e di molti comuni mal di testa; la calma che deriva da questa postura aiuta ad attenuare stati di ansia ed insonnia.

Con una corretta esecuzione vengono temporaneamente annullati gli incurvamenti fisiologici della colonna vertebrale, correggendo in tal modo lievi difetti di statica generale e portando benefici in caso di ernia del disco.

Infine, la particolare postura e la pressione del mento sullo sterno impediscono la respirazione clavicolare e limitano quella toracica, favorendo dunque una respirazione diaframmatica; inoltre il peso dei visceri agevola l’espirazione e dona nuova elasticità al diaframma: Sarvângâsana ha dunque effetti positivi su alcune forme di asma, bronchiti e disturbi della gola.

Sarvângâsana, etimologia ed esoterismo

Sarvângâsana è comunemente conosciuta come la candela. Sebbene non sia menzionata nell’Hatha Yoga Pradipika, uno dei testi fondamentali nello yoga, questa è un’asana fra le più importanti in vari stili di yoga. Lascio quindi la parola ad uno dei pionieri dello yoga in Europa, Andrè Van Lysebeth, con una breve spiegazione riguardo all’etimologia del nome e qualche curiosità sulle sue implicazioni esoteriche 🙂
«Sarvâ in lingua sanscritas-sarvangasana-bks significa “tutto, tutti” e ângâ “membra, parti”.
Alcuni autori la traducono come “posizione per tutte le parti del corpo”. La traduzione potrebbe essere giustificata poiché Sarvângâsana agisce su tutto il corpo stimolando la tiroide, ma in questo caso anche molte altre asana meriterebbero questa definizione. Perché gli yogi avrebbero dunque favorito Sarvângâsana?
Diciamo con Alain Daniélou che Sarvângâsana è l’ellissi di sarvâângâuttàna-āsana (sarvâ= tutto, ângâ=membra, uttàna=alzato), dunque la traduzione letterale è “posizione in cui tutte le membra sono sollevate” e questo la rende diversa da tutte le altre posizioni.
[…] Questa asana deve i suoi principali effetti alla posizione capovolta del corpo, allo stiramento della nuca e alla stimolazione del ghiandola tiroide per la pressione che il mento esercita sullo sterno.
[…] Ora approfitteremo dell’occasione per parlare brevemente del suo aspetto esoterico. Gli orientali, compresi gli yogi, ammettono l’esistenza di correnti positive e negative (Yin e Yang dei cinesi), affermando che un flusso di energia cosmica discende dal cielo verso la terra. Quindi nella posizione in piedi l’uomo ne è attraversato verticalmente dall’alto in basso. Nelle posizioni capovolte questa energia scorre e agisce in senso opposto, ripristinando l’equilibrio nell’essere umano, l’unico a stazione eretta e che quindi è percorso in tutta la sua lunghezza dalle radiazioni cosmiche.
Questo spiega anche le raccomandazioni degli yogi sul mantenere la colonna vertebrale rigorosamente diritta e verticale durante il prāṇāyāma e la meditazione.
Che cosa pensare di queste “correnti”? Che cosa dice la scienza occidentale? Tutti i fisici, tutti i meteorologi, tutti gli scienziati sanno che la superficie terrestre (troposfera) ha una carica negativa e che l’alta atmosfera (litosfera) ha una carica positiva. La bassa atmosfera in cui viviamo è dunque compresa in un campo elettrostatico orientato approssimativamente dall’alto in basso, il cui gradiente di potenziale può raggiungere per ogni metro cubo 100-150 volt e oltre.
Se consideriamo che i fenomeni vitali, in particolare quelli legati all’attività nervosa e cerebrale, sono di natura elettrica e che gli elettroliti nelle cellule sono dei veri e propri operai della vita, possiamo ammettere che questa corrente esercita un’importante influenza su tutti gli stessi fenomeni vitali.
[…] Il dott. J. Belot ha scritto: “Quando consideriamo la vita alla luce della biofisica constatiamo sempre che i fenomeni elettrici sono alla base di qualsiasi vita cellulare. Dobbiamo quindi concludere che la vera essenza della vita è di natura elettrica”.
Questa conclusione giustifica ampiamente l’interpretazione esoterica degli effetti delle posizioni capovolte. I grandi Rishi (saggi) dell’antica India hanno percepito questi fenomeni sottili e le loro teorie hanno ricevuto una conferma dalle scoperte della scienza odierna.
Citiamo la spiegazione di Yesudian: “Questa āsana genera molti benefici a tutto l’organismo, a tal punto che ognuno dovrebbe praticarla diverse volte al giorno. I suoi effetti straordinariamente benefici provengono in parte da ciò che riceviamo come corrente contraria. È noto che la terra emette correnti negative, mentre lo spazio universale ci invia correnti positive. Nella posizione normale, retta, riceviamo correnti negative dai piedi e correnti positive dalla testa. Nelle posizioni capovolte avviene il contrario. La ragione del loro grande valore terapeutico risiede proprio nella posizione capovolta del corpo.”
Diciamo infine che Sarvângâsana procura quasi tutti i benefici della posizione capovolta sulla testa ed è una posizione assai più comoda.»
Tratto da:
Imparo lo Yoga, di Andrè Van Lysebeth

Niyama, il secondo ramo dell’Ashtanga Yoga

यमनियमासनप्राणायामप्रत्याहारधारणाध्यानसमाधयोऽष्टावङ्गानि॥२९॥
Yamaniyamāsanaprāṇāyāmapratyāhāradhāraṇādhyānasamādhayo’ṣṭāvaṅgāni||29||
Gli otto gradi dello Yoga sono: Yama – Niyama – Asana – Pranayama – Pratyahara – Dharana – Dhyana – Samadhi

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Ed eccoci al secondo ramo dell’Ashtanga Yoga, i Niyama.
Mentre gli yama sono principalmente focalizzati su comportamenti morali, universali e generali, che dovrebbero essere comuni a chiunque e non solo a uno yogi, con gli Niyama ci soffermiamo soprattutto sulla qualità della relazione che intratteniamo con noi stessi.

 

शौचसन्तोषतपःस्वाध्यायेश्वरप्रणिधानानिनियमाः॥३
Śaucasantoṣatapaḥsvādhyāyeśvarapraṇidhānāni niyamāḥ||32||
Niyama sono la purezza, la contentezza, l’austerità, lo studio e la conoscenza di sé, l’abbandono alla volontà divina

Il termine niyama può essere tradotto come dovere o osservanza.
La pratica di questo secondo ramo dell’Ashtanga Yoga ci aiuta a mimagesantenere un ambiente positivo nel quale crescere e ci dona quel giusto equilibrio tra autodisciplina e forza interiore necessario per progredire nello yoga.

I Niyama si suddividono in cinque filoni: Sauca, Samtosa, Tapas, Svadhyaya, Isvara Pranidhana

Potremmo dire che yama e niyama sono le cementa su cui si poggia l’ashtanga yoga. Essi creano una solida e forte base che permette agli yogi di muoversi sempre più profondamente con forza, concentrazione e quindi successo.  Praticare yama e niyama è un viaggio lungo e impegnativo. L’importante è non desistere e continuare nell’osservazione e nel lavoro su se stessi. Citando Swami Sri Kripalvanandaji said, “Quando raccogli un petalo dalla ghirlanda degli yama e niyama, l’intera ghirlanda seguirà”.